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PICCOLO MOMENTO DI FEDE SETTIMANALE

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Messaggio  DomenicoPassante Dom 9 Ott - 9:35

III. I doni e i frutti dello Spirito Santo

1830 La vita morale dei cristiani è sorretta dai doni dello Spirito Santo. Essi sono disposizioni permanenti che rendono l'uomo docile a seguire le mozioni dello Spirito Santo.

1831 I sette doni dello Spirito Santo sono la sapienza, l'intelletto, il consiglio, la fortezza, la scienza, la pietà e il timore di Dio. Appartengono nella loro pienezza a Cristo, Figlio di Davide. 104 Essi completano e portano alla perfezione le virtù di coloro che li ricevono. Rendono i fedeli docili ad obbedire con prontezza alle ispirazioni divine.

« Il tuo Spirito buono mi guidi in terra piana » (Sal 143,10).

« Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio. [...] Se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo » (Rm 8,14.17).

1832 I frutti dello Spirito sono perfezioni che lo Spirito Santo plasma in noi come primizie della gloria eterna. La tradizione della Chiesa ne enumera dodici: « amore, gioia, pace, pazienza, longanimità, bontà, benevolenza, mitezza, fedeltà, modestia, continenza, castità » (Gal 5,22-23 vulg.).

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Messaggio  DomenicoPassante Dom 30 Ott - 8:29

In sintesi

1833 La virtù è una disposizione abituale e ferma a compiere il bene.

1834 Le virtù umane sono disposizioni stabili dell'intelligenza e della volontà, che regolano i nostri atti, ordinano le nostre passioni e indirizzano la nostra condotta in conformità alla ragione e alla fede. Possono essere raggruppate attorno a quattro virtù cardinali: la prudenza, la giustizia, la fortezza e la temperanza.

1835 La prudenza dispone la ragione pratica a discernere, in ogni circostanza, il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati per attuarlo.

1836 La giustizia consiste nella volontà costante e ferma di dare a Dio e al prossimo ciò che è loro dovuto.

1837 La fortezza assicura, nelle difficoltà, la fermezza e la costanza nella ricerca del bene.

1838 La temperanza modera l'attrattiva dei piaceri sensibili e rende capaci di equilibrio nell'uso dei beni creati.

1839 Le virtù morali crescono per mezzo dell'educazione, di atti deliberati e della perseveranza nello sforzo. La grazia divina le purifica e le eleva.

1840 Le virtù teologali dispongono i cristiani a vivere in relazione con la Santissima Trinità. Hanno Dio come origine, motivo e oggetto, Dio conosciuto mediante la fede, sperato e amato per se stesso.

1841 Tre sono le virtù teologali: la fede, la speranza e la carità. 105 Esse informano e vivificano tutte le virtù morali.

1842 Per la fede noi crediamo in Dio e crediamo tutto ciò che egli ci ha rivelato e che la Chiesa ci propone da credere.

1843 Per la speranza noi desideriamo e aspettiamo da Dio, con ferma fiducia, la vita eterna e le grazie per meritarla.

1844 Per la carità noi amiamo Dio al di sopra di tutto e il nostro prossimo come noi stessi per amore di Dio. Essa è « il vincolo di perfezione » (Col 3,14) e la forma di tutte le virtù.

1845 I sette doni dello Spirito Santo dati ai cristiani sono la sapienza, l'intelletto, il consiglio, la fortezza, la scienza, la pietà e il timore di Dio.
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 6 Nov - 9:20

PARTE PRIMA

LA PROFESSIONE
DELLA FEDE



SEZIONE PRIMA
«IO CREDO» - «NOI CREDIAMO»


1. Qual è il disegno di Dio per l'uomo?

1-25

Dio, infinitamente perfetto e beato in se stesso, per un disegno di pura bontà ha liberamente creato l'uomo per renderlo partecipe della sua vita beata. Nella pienezza dei tempi, Dio Padre ha mandato suo Figlio come redentore e salvatore degli uomini caduti nel peccato, convocandoli nella sua Chiesa e rendendoli figli adottivi per opera dello Spirito Santo ed eredi della sua eterna beatitudine.



CAPITOLO PRIMO

L'UOMO É «CAPACE» DI DIO

30

«Tu sei grande, Signore, e ben degno di lode [...]. Ci hai fatto per te e il nostro cuore non ha sosta finché non riposa in te» (sant'Agostino).


2. Perché nell'uomo c'è il desiderio di Dio?

27-30
44-45

Dio stesso, creando l'uomo a propria immagine, ha iscritto nel suo cuore il desiderio di vederlo. Anche se tale desiderio è spesso ignorato, Dio non cessa di attirare l'uomo a sé, perché viva e trovi in lui quella pienezza di verità e di felicità, che cerca senza posa. Per natura e per vocazione, l'uomo è pertanto un essere religioso, capace di entrare in comunione con Dio. Questo intimo e vitale legame con Dio conferisce all'uomo la sua fondamentale dignità.


3. Come si può conoscere Dio con la sola luce della ragione?

31-36
46-47

Partendo dalla creazione, cioè dal mondo e dalla persona umana, l'uomo, con la sola ragione, può con certezza conoscere Dio come origine e fine dell'universo e come sommo bene, verità e bellezza infinita.



4. Basta la sola luce della ragione per conoscere il mistero di Dio?

37-38

L'uomo, nel conoscere Dio con la sola luce della ragione, incontra molte difficoltà. Inoltre non può entrare da solo nell'intimità del mistero divino. Per questo, Dio l'ha voluto illuminare con la sua Rivelazione non solo su verità che superano la comprensione umana, ma anche su verità religiose e morali, che, pur accessibili di per sé alla ragione, possono essere così conosciute da tutti senza difficoltà, con ferma certezza e senza mescolanza di errore.


5. Come si può parlare di Dio?

39-43
48-49

Si può parlare di Dio, a tutti e con tutti, partendo dalle perfezioni dell'uomo e delle altre creature, le quali sono un riflesso, sia pure limitato, dell'infinita perfezione di Dio. Occorre, tuttavia, purificare continuamente il nostro linguaggio da quanto contiene di immaginoso e imperfetto, ben sapendo che non si potrà mai esprimere pienamente l'infinito mistero di Dio.
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 13 Nov - 8:36


CAPITOLO SECONDO

DIO VIENE INCONTRO ALL'UOMO

LA RIVELAZIONE DI DIO


6. Che cosa Dio rivela all'uomo?

50-53
68-69

Dio, nella sua bontà e sapienza, si rivela all'uomo. Con eventi e parole rivela Se stesso e il suo disegno di benevolenza, che ha prestabilito dall'eternità in Cristo a favore dell'umanità. Tale disegno consiste nel far partecipare, per la grazia dello Spirito Santo, tutti gli uomini alla vita divina, quali suoi figli adottivi nel suo unico Figlio.



7. Quali sono le prime tappe della Rivelazione di Dio?

54-58
70-71

Dio, fin dal principio, si manifesta ai progenitori, Adamo ed Eva, e li invita ad un'intima comunione con lui. Dopo la loro caduta, non interrompe la sua rivelazione e promette la salvezza per tutta la loro discendenza. Dopo il diluvio, stipula con Noè un'alleanza tra lui e tutti gli esseri viventi.



8. Quali sono le tappe successive della Rivelazione di Dio?

59-64;
72

Dio sceglie Abram chiamandolo fuori del suo Paese per fare di lui «il padre di una moltitudine di popoli» (Gn 17,5), e promettendogli di benedire in lui «tutte le Nazioni della terra» (Gn 12,3). I discendenti di Abramo saranno i depositari delle promesse divine fatte ai patriarchi. Dio forma Israele come suo popolo di elezione, salvando lo dalla schiavitù dell'Egitto, conclude con lui l'Alleanza del Sinai e, per mezzo di Mosè, gli dà la sua Legge. I Profeti annunziano una radicale redenzione del popolo e una salvezza che includerà tutte le Nazioni in una Alleanza nuova ed eterna. Dal popolo d'Israele, dalla stirpe del re Davide nascerà il Messia: Gesù.



9. Qual è la tappa piena e definitiva della Rivelazione di Dio?

65-66
73

È quella attuata nel suo Verbo incarnato, Gesù Cristo, mediatore e pienezza della Rivelazione. Egli, essendo l'Unigenito Figlio di Dio fatto uomo, è la Parola perfetta e definitiva del Padre. Con l'invio del Figlio e il dono dello Spirito la Rivelazione è ormai pienamente compiuta, anche se nel corso dei secoli la fede della Chiesa dovrà coglierne gradualmente tutta la portata.
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 20 Nov - 9:10


LA TRASMISSIONE DELLA RIVELAZIONE DIVINA


11. Perché e in qual modo la Rivelazione divina va trasmessa?

74

Dio «vuole che tutti gli uomini siano salvati ed arrivino alla conoscenza della verità» (1 Tm 2,4), cioè di Gesù Cristo. Per questo è necessario che Cristo sia annunciato a tutti gli uomini, secondo il suo stesso comando: «Andate e ammaestrate tutte le Nazioni» (Mt 28,19). È quanto si realizza con la Tradizione Apostolica.



12. Che cos'è la Tradizione Apostolica?

75-79,
83,
96,98

La Tradizione Apostolica è la trasmissione del messaggio di Cristo, compiuta, sin dalle origini del cristianesimo, mediante la predicazione, la testimonianza, le istituzioni, il culto, gli scritti ispirati. Gli Apostoli hanno trasmesso ai loro successori, i Vescovi, e, attraverso questi, a tutte le generazioni fino alla fine dei tempi, quanto hanno ricevuto da Cristo e appreso dallo Spirito Santo.


13. In quali modi si realizza la Tradizione Apostolica?

76

La Tradizione Apostolica si realizza in due modi: con la trasmissione viva della Parola di Dio (detta anche semplicemente la Tradizione), e con la Sacra Scrittura, che è lo stesso annuncio della salvezza messo per iscritto.



14. Quale rapporto esiste fra la Tradizione e la Sacra Scrittura?

80-82
97

La Tradizione e la Sacra Scrittura sono tra loro strettamente congiunte e comunicanti. Ambedue rendono presente e fecondo nella Chiesa il mistero di Cristo e scaturiscono dalla stessa sorgente divina: costituiscono un solo sacro deposito della fede, da cui la Chiesa attinge la propria certezza su tutte le verità rivelate.



15. A chi è affidato il deposito della fede?

84,91
94,99

Il deposito della fede è affidato dagli Apostoli alla totalità della Chiesa. Tutto il popolo di Dio, con il senso soprannaturale della fede, sorretto dallo Spirito Santo e guidato dal Magistero della Chiesa, accoglie la Rivelazione divina, sempre più la comprende e la applica alla vita.


16. A chi spetta interpretare autenticamente il deposito della fede?

85-90
100

L'interpretazione autentica di tale deposito compete al solo Magistero vivente della Chiesa, e cioè al Successore di Pietro, il Vescovo di Roma, e ai Vescovi in comunione con lui. Al Magistero, che nel servire la Parola di Dio gode del carisma certo della verità, spetta anche definire i dogmi, che sono formulazioni delle verità contenute nella Rivelazione divina. Tale autorità si estende anche alle verità necessariamente collegate con la Rivelazione.


17. Quale relazione esiste tra Scrittura, Tradizione e Magistero?

95

Essi sono tra loro così strettamente uniti, che nessuno di loro esiste senza gli altri. Insieme contribuiscono efficacemente, ciascuno secondo il proprio modo, sotto l'azione dello Spirito Santo, alla salvezza degli uomini.
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 27 Nov - 10:43

I. Il Cristo - Parola unica della Sacra Scrittura

101 Nella condiscendenza della sua bontà, Dio, per rivelarsi agli uomini, parla loro in parole umane. « Le parole di Dio, infatti, espresse con lingue umane, si sono fatte simili al linguaggio degli uomini, come già il Verbo dell'eterno Padre, avendo assunto le debolezze dell'umana natura, si fece simile agli uomini ». 116

102 Dio, attraverso tutte le parole della Sacra Scrittura, non dice che una sola Parola, il suo unico Verbo, nel quale esprime se stesso interamente. 117

« Ricordatevi che uno solo è il discorso di Dio che si sviluppa in tutta la Sacra Scrittura ed uno solo è il Verbo che risuona sulla bocca di tutti gli scrittori santi, il quale essendo in principio Dio presso Dio, non conosce sillabazione perché è fuori del tempo ». 118

103 Per questo motivo, la Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture, come venera il Corpo stesso del Signore. Essa non cessa di porgere ai fedeli il Pane di vita preso dalla mensa della Parola di Dio e del Corpo di Cristo. 119

104 Nella Sacra Scrittura, la Chiesa trova incessantemente il suo nutrimento e il suo vigore; 120 infatti attraverso la divina Scrittura essa non accoglie soltanto una parola umana, ma quello che è realmente: Parola di Dio. 121 « Nei Libri Sacri, infatti, il Padre che è nei cieli viene con molta amorevolezza incontro ai suoi figli ed entra in conversazione con loro ». 122

II. Ispirazione e verità della Sacra Scrittura

105 Dio è l'autore della Sacra Scrittura. « Le cose divinamente rivelate, che nei libri della Sacra Scrittura sono contenute e presentate, furono consegnate sotto l'ispirazione dello Spirito Santo.

« La santa Madre Chiesa, per fede apostolica, ritiene sacri e canonici tutti interi i libri sia dell'Antico che del Nuovo Testamento, con tutte le loro parti, perché, scritti sotto ispirazione dello Spirito Santo, hanno Dio per autore e come tali sono stati consegnati alla Chiesa ». 123

106 Dio ha ispirato gli autori umani dei Libri Sacri. « Per la composizione dei Libri Sacri, Dio scelse degli uomini, di cui si servì nel possesso delle loro facoltà e capacità, affinché, agendo egli stesso in essi e per loro mezzo, scrivessero come veri autori tutte e soltanto quelle cose che egli voleva ». 124

107 I libri ispirati insegnano la verità. « Poiché dunque tutto ciò che gli autori ispirati o agiografi asseriscono è da ritenersi asserito dallo Spirito Santo, si deve dichiarare, per conseguenza, che i libri della Scrittura insegnano fermamente, fedelmente e senza errore la verità che Dio per la nostra salvezza volle fosse consegnata nelle Sacre Lettere ». 125

108 La fede cristiana tuttavia non è una « religione del Libro ». Il cristianesimo è la religione della « Parola » di Dio: di una Parola cioè che non è « una parola scritta e muta, ma il Verbo incarnato e vivente ». 126 Perché le parole dei Libri Sacri non restino lettera morta, è necessario che Cristo, Parola eterna del Dio vivente, per mezzo dello Spirito Santo ce ne sveli il significato affinché comprendiamo le Scritture. 127

III. Lo Spirito Santo, interprete della Scrittura

109 Nella Sacra Scrittura, Dio parla all'uomo alla maniera umana. Per una retta interpretazione della Scrittura, bisogna dunque ricercare con attenzione che cosa gli agiografi hanno veramente voluto affermare e che cosa è piaciuto a Dio manifestare con le loro parole. 128

110 Per comprendere l'intenzione degli autori sacri, si deve tener conto delle condizioni del loro tempo e della loro cultura, dei « generi letterari » allora in uso, dei modi di intendere, di esprimersi, di raccontare, consueti nella loro epoca. « La verità infatti viene diversamente proposta ed espressa nei testi secondo se sono storici o profetici, o poetici, o altri generi di espressione ». 129

111 Però, essendo la Sacra Scrittura ispirata, c'è un altro principio di retta interpretazione, non meno importante del precedente, senza il quale la Scrittura resterebbe « lettera morta »: « La Sacra Scrittura [deve] essere letta e interpretata con l'aiuto dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta ». 130

Il Concilio Vaticano II indica tre criteri per una interpretazione della Scrittura conforme allo Spirito che l'ha ispirata: 131

112 1. Prestare grande attenzione « al contenuto e all'unità di tutta la Scrittura ». Infatti, per quanto siano differenti i libri che la compongono, la Scrittura è una in forza dell'unità del disegno di Dio, del quale Cristo Gesù è il centro e il cuore aperto dopo la sua pasqua. 132

« Il cuore 133 di Cristo designa la Sacra Scrittura, che appunto rivela il cuore di Cristo. Questo cuore era chiuso prima della passione, perché la Scrittura era oscura. Ma la Scrittura è stata aperta dopo la passione, affinché coloro che ormai ne hanno l'intelligenza considerino e comprendano come le profezie debbano essere interpretate ». 134

113 2. Leggere la Scrittura nella « Tradizione vivente di tutta la Chiesa ». Secondo un detto dei Padri, « Sacra Scriptura principalius est in corde Ecclesiae quam in materialibus instrumentis scripta 135 – la Sacra Scrittura è scritta nel cuore della Chiesa prima che su strumenti materiali ». Infatti, la Chiesa porta nella sua Tradizione la memoria viva della Parola di Dio ed è lo Spirito Santo che le dona l'interpretazione di essa secondo il senso spirituale (« ...secundum spiritalem sensum, quem Spiritus donat Ecclesiae – ...secondo il senso spirituale che lo Spirito dona alla Chiesa »). 136

114 3. Essere attenti all'analogia della fede. 137 Per « analogia della fede » intendiamo la coesione delle verità della fede tra loro e nella totalità del progetto della Rivelazione.
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Messaggio  DomenicoPassante Gio 8 Dic - 9:29

Benedetto il Signore, Dio di Israele,*
perché ha visitato e redento il suo popolo
e ha suscitato per noi una salvezza potente*
nella casa di Davide suo servo,
come aveva promesso*
per bocca dei suoi santi profeti di un tempo,
salvezza dai nostri nemici*
e dalle mani di quanti ci odiano;
così Egli ha concesso misericordia ai nostri padri*
e si è ricordato della sua Santa Alleanza,
del giuramento fatto ad Abramo nostro padre*
di concederci, liberati dalle mani dei nemici,
di servirlo senza timore in santità e giustizia*
al suo cospetto per tutti i nostri giorni.
E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo,*
perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade,
per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza*
nella remissione dei suoi peccati,
grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio,*
per cui verrà a visitarci dall'alto un sole che sorge,
per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra della morte,*
e dirigere i nostri passi sulla via della pace.
flower flower flower
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Messaggio  DomenicoPassante Ven 6 Gen - 9:17

I magi portano doni a Gesù che questo nuovo anno porti doni a tutti noi, doni di pace serenità e prosperità in famiglia.
Buon Anno cari amici e parenti.PICCOLO MOMENTO DI FEDE SETTIMANALE - Pagina 23 Epifania
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Messaggio  Franco Talarico Ven 6 Gen - 10:35

Gentilissimo come sempre, auguri anche a te e famiglia.
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PICCOLO MOMENTO DI FEDE SETTIMANALE - Pagina 23 Empty VIVI OGNI GIORNO COME SE FOSSE L'ULTIMO

Messaggio  armando mirante Lun 20 Mar - 5:07

DomenicoPassante ha scritto:Buongiorno a tutti, ho voluto inserire questo argomento perchè  forse a qualcuno potrebbe far piacere trovare un angolo di riposo spirituale e meditazione (forse).
VIVI OGNI GIORNO COME SE FOSSE L'ULTIMO, domani forse ti ritroverai di fronte a DIO
Di tutti i beni che avrai accumulato, solo  quelli spirituali porterai con te, quelli materiali li possederà qualcun'altro.
Siamo in periodo di Quaresima, scopritene in significato profondo,
Buon fine settimana a tuttiPICCOLO MOMENTO DI FEDE SETTIMANALE - Pagina 23 Angel[u][i][b]



Quando una persona muore ogni attività e ogni consapevolezza cessa.

“I vivi sanno che devono morire, ma i morti non sanno nulla; non c'è più salario per loro, è svanito il loro ricordo” Qoelet 9,5

“Tutto ciò che la tua mano è in grado di fare, fallo con tutta la tua forza, perché non ci sarà né attività né calcolo né scienza né sapienza nel regno dei morti, dove stai per andare” Qoelet 9,10
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 9 Apr - 10:00

Perdonatemi se sono stato assente causa gravi problemi familiari.

Salmi 22

1 Salmo. Di Davide.
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla;
2 su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
3 Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino,
per amore del suo nome.
4 Se dovessi camminare in una valle oscura,
non temerei alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.
5 Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici;
cospargi di olio il mio capo.
Il mio calice trabocca.
6 Felicità e grazia mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
e abiterò nella casa del Signore
per lunghissimi anni.
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 23 Apr - 9:20

SALMO 27
1 Di Davide.
Il Signore è mia luce e mia salvezza,
di chi avrò timore?
Il Signore è rifugio della mia vita,
di chi avrò paura?
2 Quando si avvicinarono
contro di me i malfattori,
per divorare la mia carne,
i miei avversari e nemici,
essi inciamparono e caddero.
3 Se contro di me si accampa un esercito,
il mio cuore non teme.
Se contro di me si solleva una battaglia,
anche in questo io sono fiducioso.
4 Una sola cosa ho chiesto al Signore,
questa io cerco:
abitare nella casa del Signore
per tutti i giorni della mia vita,
per contemplare la bellezza del Signore
e vegliare nel suo tempio.
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 30 Apr - 9:41

1 Lettera ai Corinzi
13
1Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.

2E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla.

3E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova.

4La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, 5non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, 6non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. 7Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. 8La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. 9La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. 10Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. 11Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l'ho abbandonato. 12Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto.

13Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 7 Mag - 9:50

LA VIOLENZA DEL MONDO E LA CALMA NEL SIGNORE

di Renzo Ronca - 5-2-15- h.12,30 - (Livello 2 su 5)





Aumentano i casi in cui la gente “scoppia” in raptus di violenza contro i familiari o nei suicidi o in comportamenti di guerra particolarmente feroci.



Probabilmente perché in noi è il gene di Caino o perché siamo tutti repressi e frustrati, resta il fatto che in noi l’aggressività latente è molto forte e sale sempre più. Una buona educazione basata sull’autocontrollo può fare molto, ma a volte questa impetuosità non si contiene, così straripa in comportamenti violenti contro il prossimo o, se inibiti, contro la nostra stessa persona.



Per quanto misteriosa sia l’origine di questi attacchi contro la vita, noi credenti sappiamo dalle parole di Gesù che il diavolo è malvagio e fu “omicida dall’inizio” (Giov 8:44) e dunque possiamo dedurre che la distruttività in noi sia la conseguenza dell’apertura all’ingannatore nell’Eden, cioè la conseguenza del peccato primitivo.

Nella radice della violenza non c’è Dio (Sal 54:3; 86:14; ecc), ma Dio ci può proteggere da questa brutalità: «Ti libererò dalla mano dei malvagi, ti salverò dalla mano dei violenti» (Geremia 15:21). Per questo allora il nostro modo di difendersi è prima di tutto quello di chiederlo al Signore in preghiera.



Chi, tra i credenti, è consapevole di avere in se stesso una certa fragilità nell’autocontrollo, una pulsione forte all’aggressività, è bene che lo chieda insistentemente in preghiera, perché la tendenza della malvagità ai nostri tempi è simile a una pressione sul mondo che aumenta sempre più. Questa spinta fa leva anche su argomentazioni razionalmente positive come un falso senso di libertà, di giustizia, sulla depressione, sulla mancanza di lavoro, sulla disperazione, sulla mancanza di affetti, sul sentirsi sempre più minacciati, sull’insicurezza del futuro, ecc ma è comunque vero che da soli non ce la faremmo a contenere queste forze e che per resistere abbiamo bisogno della protezione e dell’amore di Dio.



L’attività benefica del Signore agisce nelle profondità del nostro DNA “riparandolo” riportandolo gradatamente sempre più vicino a quello della creazione, di come ci concepì, di come pensò in modo meraviglioso a ciascuno di noi.

Questa è la tendenza dell’amore di Dio, la direzione in cui Lui opera. Ovvio che la “riparazione” completa avverrà nel momento del rapimento, tuttavia già da prima il nostro Signore saprà dare inizio alla trasformazione psicofisica della nostra persona.



C’è del bello in noi, ci sono qualità uniche ed irripetibili per ciascuno di noi, che nemmeno noi conosciamo bene, ma che Dio conosce e vuole far rifiorire. Quindi nessuna paura di certi impulsi che a volte sentiamo: più ci appaiono forti e più avviciniamoci in preghiera al Signore. Nel tornare con forte volontà al Signore diminuirà l’aggressività e la volenza nel nostro cuore per lasciare spazio alla mitezza ed alla calma:



«Nel tornare a me e nello stare sereni sarà la vostra salvezza; nella calma e nella fiducia sarà la vostra forza» (Is. 30:15)
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 14 Mag - 9:01





PARTE TERZA
LA VITA IN CRISTO

SEZIONE SECONDA
I DIECI COMANDAMENTI

CAPITOLO SECONDO
«AMERAI IL PROSSIMO TUO COME TE STESSO»

ARTICOLO 4
IL QUARTO COMANDAMENTO

« Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio » (Es 20,12).

« Stava loro sottomesso » (Lc 2,51).

Lo stesso Signore Gesù ha ricordato l'importanza di questo « comandamento di Dio ». 136 L'Apostolo insegna: « Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore, perché questo è giusto. Onora tuo padre e tua madre: è questo il primo comandamento associato a una promessa: perché tu sia felice e goda di una vita lunga sopra la terra » (Ef 6,1-3). 137

2197 Il quarto comandamento apre la seconda tavola della Legge. Indica l'ordine della carità. Dio ha voluto che, dopo lui, onoriamo i nostri genitori ai quali dobbiamo la vita e che ci hanno trasmesso la conoscenza di Dio. Siamo tenuti ad onorare e rispettare tutti coloro che Dio, per il nostro bene, ha rivestito della sua autorità.

2198 Questo comandamento è espresso nella forma positiva di un dovere da compiere. Annunzia i comandamenti successivi, concernenti un rispetto particolare della vita, del matrimonio, dei beni terreni, della parola. Costituisce uno dei fondamenti della dottrina sociale della Chiesa.

2199 Il quarto comandamento si rivolge espressamente ai figli in ordine alle loro relazioni con il padre e con la madre, essendo questa relazione la più universale. Concerne parimenti i rapporti di parentela con i membri del gruppo familiare. Chiede di tributare onore, affetto e riconoscenza ai nonni e agli antenati. Si estende infine ai doveri degli alunni nei confronti degli insegnanti, dei dipendenti nei confronti dei datori di lavoro, dei subordinati nei confronti dei loro superiori, dei cittadini verso la loro patria, verso i pubblici amministratori e i governanti.

Questo comandamento implica e sottintende i doveri dei genitori, tutori, docenti, capi, magistrati, governanti, di tutti coloro che esercitano un'autorità su altri o su una comunità di persone.

2200 L'osservanza del quarto comandamento comporta una ricompensa: « Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio » (Es 20,12). 138 Il rispetto di questo comandamento procura, insieme con i frutti spirituali, frutti temporali di pace e di prosperità. Al contrario, la trasgressione di questo comandamento arreca gravi danni alle comunità e alle persone umane.
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 21 Mag - 12:51

LA FIGURA DELLO STRANIERO NELLA SCRITTURA[1]
Card.Martini
convegno "Integrazione e integralismi. La via del dialogo è possibile?"
(Cesano Maderno 19-01-2001)



I DATI DELLA BIBBIA SULLA FIGURA DELLO STRANIERO

A modo di premessa va ricordato che Israele, il popolo ebraico vive in Palestina, a partire circa dal 1200 a.C., in un ambito geografico e geopolitico caratterizzato da molti spostamenti di popoli, da esodi e da migrazioni frequenti. La Palestina, infatti, è luogo di passaggio, come un corridoio tra l'Egitto e i grandi regni attorno all'Eufrate (Babilonia e Assiria), percorso continuamente da carovane ed eserciti stranieri. È quindi un luogo dove l'esperienza dello straniero è un fatto quotidiano; ciò spiega la rilevanza del nostro tema in particolare nella Bibbia ebraica, nel Primo Testamento. Del resto Israele stesso è un popolo che ha vissuto una lunga e dolorosa esperienza di migrazione e di esilio. Ha abitato da straniero in Egitto per 400 anni. Dopo la caduta di Gerusalemme (586 a.C.), molti israeliti furono deportati in Babilonia. Per tutti questi motivi Israele ha sviluppato una concezione varia e articolata del fenomeno dello straniero, espressa anche dal vocabolario.

Sono almeno tre i termini fondamentali della Bibbia ebraica per indicare lo "straniero" o "forestiero". Tre termini nei quali si può leggere qualcosa dell'esperienza sofferta e dinamica di Israele e del cammino della rivelazione nel cuore di questo popolo (suggeriscono perciò, in qualche modo, anche a noi una dinamica, un cammino): lo straniero lontano -zar-, lo straniero di passaggio -nokri-, lo straniero residente o integrato -gher o toshav-.

1. La parola ebraica zar sta a significare lo straniero che abita fuori dei confini di Israele, colui che è del tutto estraneo al popolo. Verso questa figura si verifica un senso di timore, di estraneità, di paura e di inimicizia. La paura dello straniero ha quindi delle radici molto profonde nel cuore umano, e viene documentata dalla Scrittura. C'è anzi un gioco di parole nell'ebraico, che permette di confondere zar (straniero) con sar (il nemico da cui ci si deve difendere). Un gioco di parole che fa comprendere come Israele si sentisse un popolo piccolo e debole, circondato da popoli potenti che ne insidiano la sovranità. Da qui la paura e il senso di estraneità verso i popoli vicini ag­gressivi e prepotenti. Tra i tanti possibili testi, cito Isaia, là dove compiange le sofferenze della sua gente: "Il vostro paese è devastato, le vostre città arse dal fuoco. La vostra campagna, sotto i vostri occhi, la divorano gli stranieri" (1,7). È chiaro che "stranieri" vuoi dire "nemici" temibili.
Questa considerazione praticamente negativa dei popoli stranieri si evolve verso toni più positivi specialmente dal momento dell'esilio in Babilonia (circa VI secolo a.C.), quando affiora la percezione che l'esilio non ha segnato la disfatta del Dio d'Israele, quasi fosse stato sconfitto da idoli, da dèi più potenti di cui si vantavano gli altri popoli. Al contrario l'esilio fa prendere maggiormente coscienza della elezione dei figli d'Israele, fa emergere quanto Dio ami il suo popolo e gli affidi una missione in mezzo alle genti straniere. Paradossalmente la sconfitta aiuta a percepire la missione verso gli stranieri.
Richiamo un brano di Isaia, che si riferisce al popolo in esilio: "Io ti ho formato e stabilito come luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri" (42,6). E, in 49,6: "Io ti renderò luce delle nazioni perché porti la salvezza fino all'estremità della terra". Lo straniero allora non è più solo un nemico da temere, ma un popolo da illuminare, e la paura nei suoi confronti si riduce per fare posto a un senso di missione. Notiamo che una simile coscienza risuona anche nel Nuovo Testamento, per esempio nelle parole di Zaccaria al tempio: Gesù bambino è chiamato "luce per illuminare le genti e gloria del suo popolo Israele". Sono parole che riprendono verbalmente Isaia e segnano il superamento della paura dello straniero verso la coscienza di una missione nei suoi riguardi.

2. Il secondo termine, nokri, è usato per lo straniero di passaggio, l'avventizio, colui che si trova momentaneamente in mezzo al popolo per motivi di viaggio, di commercio (una sorta di "pendolare"). Verso il nokri ci sono alcune distinzioni che denotano ancora una lontananza, ma non più una paura. Un passo del Deuteronomio fa un elenco di animali puri e impuri, con le distinzioni legali, e dice tra l'altro: "Non mangerete alcuna bestia che sia morta di morte naturale; la darete al forestiero che risiede nelle tue città perché la mangi, o la venderai a qualche straniero, perché tu sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio" (14,21). Si mantiene una certa distanza verso gli avventizi e insieme si fanno delle concessioni. Comunque la regola di base è l'ospitalità, tipica della tradizione dell'Oriente, ospitalità che comporta rispetto e buona accoglienza. Chi di noi ha avuto occasione di andare presso le tende dei beduini, ai margini del deserto, conosce questa ospitalità, questa accoglienza gioiosa. Cito in proposito l'esempio di Abramo, che accoglie tre angeli, a lui stranieri, non membri del suo popolo, si mette alloro servizio e prepara un lauto pasto: "Abramo sedeva all'ingresso della tenda, nell'ora più calda del giorno", quando si ha voglia di dormire, di abbandonarsi al sonno. "Alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall'ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po' d'acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l'albero" (Gen 18,1-4). Fa quindi preparare focacce e un vitello tenero e buono. È una bella descrizione dell'accoglienza riservata agli stranieri di passaggio, agli ospiti.

3. Il terzo vocabolo è gher o toshav e viene impiegato per lo straniero re­sidente, colui che essendo di origine straniera e non appartenendo perciò al popolo ebraico per nascita, risiede più a lungo o stabilmente in Israele. Questa figura gode di una vera protezione giuridica, come appare fin dai testi legislativi più antichi: "Non molesterai il forestiero né l'opprimerai, per­ché voi siete stati forestieri nel paese di Egitto" (Es 22,20). È un testo da cui emerge una radice più profonda dell'accoglienza allo straniero: la ragione, il motivo del rispetto sta anche nell'esperienza di migrante vissuta e sofferta dal popolo eletto: il popolo è invitato a ricordarsi delle sofferenze passate. Proprio perché tu sei stato forestiero in terra altrui e hai visto quanto sia dura tale condizione, cerca di avere comprensione e misericordia verso coloro che fanno questa esperienza nel tuo paese. Nel corso dei secoli, con la maturazione religiosa avvenuta nell'esilio -cioè nella purificazione e nella sofferenza- e anche con la evoluzione delle leggi e dei costumi, il gher sarà sempre più inserito nella comunità religiosa, come leggiamo in Dt 10,18-19: "Il Signore rende giustizia all'orfano e alla vedova, ama il forestiero e gli dà pane e vestito. Amate dunque il forestiero". L'amore per il forestiero è visto quale imitazione di Dio stesso. Emerge un parallelo tra la concezione che il popolo ha di Dio e la concezione dello straniero. Se Dio ama i deboli, l'orfano, la vedova, lo straniero, noi pure dobbiamo amarli.

I PRINCIPI TEOLOGICI DELL'ACCOGLIENZA DELLO STRANIERO NEL NUOVO TESTAMENTO

Il Nuovo Testamento segna un passo ulteriore e decisivo nel rapporto con lo straniero. Il discorso sarebbe molto lungo e volendo riassumere in breve le motivazioni che nel Nuovo Testamento fondano il comportamento cristiano verso il forestiero, le esprimo così: una motivazione cristologica, una cari­smatica e una escatologica.

1. Il motivo cristologico è ricordato in Matteo 25, nella scena del giudizio finale, là dove Gesù proclama che chi accoglie il forestiero accoglie lui stesso: "ero forestiero e mi avete ospitato ... Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo dei miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me". Si dice dunque molto di più del testo del Deuteronomio (Dio ama il forestiero e tu devi imitarlo). L'accoglienza dello straniero non è una semplice opera buona, che verrà ripagata da Dio, bensì l'occasione per vivere un rapporto personale con Gesù.

2. Il secondo motivo, che chiamo carismatico, sta nel primato della carità. "Aspirate ai carismi più grandi", insegna san Paolo in 1Cor 12, 31 e, nel capitolo 13 dice che il carisma più grande è la carità. L'accoglienza dello straniero è una delle attuazioni dell'amore, amore che è la legge fondamentale del cristiano. "Ama il prossimo tuo come te stesso", risponde Gesù a chi gli chiede qual è il primo dei comandamenti (cf Mc 12,31); e in Mt 7,12 Gesù riassume la Legge e i Profeti nella cosiddetta regola d'oro: "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro". La carità, dono superiore a ogni altro, si esercita verso tutti, quindi pure verso lo straniero, come sottolinea la parabola del buon samaritano. Costui, considerato straniero dal popolo ebraico, non ha esitato a soccorrere un ebreo ferito che si trovava sul ciglio della strada; ha superato le barriere razziali e religiose, "si è fatto prossimo" (cf Lc 10,36), ha vissuto il carisma della carità.

3. Il terzo motivo che emerge da alcuni passi del Nuovo Testamento è di ca­rattere escatologico, concerne le cose ultime, la destinazione dell'uomo alla vita eterna. In tale visuale, tutti i credenti in Cristo sono pellegrini e stranieri in questo mondo: "Non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura"(Eb 13,14; cf Eb 11,10-16). Dunque, come il ricordo di essere stati migranti e forestieri in Egitto, costituiva per gli Israeliti un invito all'ospitalità verso gli stranieri, ad avere compassione e solidarietà per coloro che partecipavano alla medesima sorte, così i cristiani, sentendosi pellegrini in questa terra, sono invitati a comprendere le sofferenze e i bisogni di quanti sono stranieri e pellegrini rispetto alla patria terrena. Un cristiano dei primi secoli descriveva lo stato di "pellegrino" proprio del cristiano in un modo molto bello: "I cristiani abitano la propria patria, partecipano a tutto come dei cittadini, e però tutto sopportano come stranieri. Ogni terra straniera è la loro patria e ogni patria è terra straniera" (Lettera a Diogneto). E non perché i cristiani si disinteressano della città terrena, bensì perché sanno di essere in cammino verso quella città che Dio stesso ci sta preparando.

Davvero la Bibbia ci pone davanti a un grande messaggio che sentiamo tanto lontano dai nostri comportamenti, dalle nostre capacità. Ci fa comprendere che la morte di Gesù in croce abbatte ogni frontiera e ci fa membri di un'umanità che trova la sua unità in Cristo. E lo Spirito del Risorto suscita in ogni credente il carisma della accoglienza. Dobbiamo sentire che, sospinti da questa forza, noi possiamo aprirci alla scoperta di Cristo nello straniero che bussa alla nostra porta. Abbiamo tanti motivi, umani e civili, per accogliere lo straniero, motivi a cui forse pensiamo poco e che sono certamente molto esigenti e radicali.

LE DIFFICOLTÀ E LA GRADUALITÀ DI UN CAMMINO DI INTEGRAZIONE

Vogliamo allora chiederci: in quale contesto ci raggiunge il messaggio biblico? quali reazioni e quali resistenze suscita in noi? A me sembra infatti che la questione degli stranieri oggi -in Italia e in Europa - ­non sia soltanto delicata e difficile, ma pure un segno dei tempi e anche un segno di contraddizione. L'atteggiamento più o meno ospitale degli europei, in particolare dei cristiani, nei confronti degli stranieri acquista, per le scelte globali che implica, una rilevanza speciale e costituisce probabilmente un tornante decisivo per la nostra cultura e la nostra storia.
Riguardo alla situazione, la presenza degli stranieri tra noi, pur con tutti i progressi compiuti, non è ancora ben assimilata e nemmeno ben tollerata. Vi sono delle reazioni negative comprensibili, dovute a momenti particolar­mente drammatici: per esempio, quando gli stranieri commettono dei reati. In questi casi l'orrore e il rifiuto sono giustificabili, come pure la domanda di legalità e di difesa dell'ordine pubblico è più che legittima.
Ma, al di là di tali circostanze, permane nella gente un timore e una diffidenza verso gli stranieri.
Riguardo allo scenario di fondo, siamo di fronte a un nuovo, grande processo di rimescolamento delle genti, per una serie di fattori che conosciamo. L'Europa e il Nord America vivono un'epoca di benessere e di democrazia tra i più alti della storia. Di conseguenza, il sud del mondo, povero e spesso sottosviluppato, preme verso il nord del mondo. L'ideale sarebbe lo sviluppo di questi paesi nelle loro terre, in modo che ogni persona trovi cibo, lavoro e libertà a casa propria. A livello internazionale occorre certamente puntare sullo sviluppo e la promozione del sud. Non è però una soluzione attuabile a breve termine, per motivi sia politici sia socio-economici, motivi che in questa sede non è possibile approfondire.
Quali sono dunque gli sviluppi prevedibili della situazione attuale, in particolare per gli stranieri extracomunitari che fanno più fatica a essere integrati? In proposito si è parlato molto negli ultimi mesi dell' Islam e delle probabilità mag­giori o minori che ha di integrarsi con la nostra cultura e le nostre tradizioni. A mio avviso siamo di fronte a tre ipotesi possibili: secolarizzazione, integralismo, integrazione.

• C'è l'ipotesi di una secolarizzazione o omogenizzazione dei nuovi venuti che accettano la modernità europea, con il suo scetticismo, il suo individualismo, il suo indifferentismo, e abbandonano a poco a poco le tradizioni d'origine mescolandosi con l'ambiente circostante.

• L'ipotesi contraria è quella del costituirsi di ghetti, di luoghi di chiusura e di resistenza, in cui si conservino rigidamente le tradizioni e la coscienza della propria estraneità, magari con la prospettiva "medicale", di una conquista graduale del territorio, grazie soprattutto alla crescita della natalità.

• Una terza ipotesi possibile è quella di una integrazione graduale e pro­gressiva, nel rispetto dell'identità e nel quadro della legalità e della cultura del paese ospitante.

Non sappiamo quale di queste prospettive si realizzerà, e molto dipende anche da noi. Mi pare tuttavia che la terza ipotesi -integrazione graduale e progressiva, nel rispetto dell'identità e nel quadro della legalità e della cultura del paese ospitante- sia l'unica accettabile. È una prospettiva ardua, per la quale occorre operare non solo nel quadro del superamento delle paure, non solo nel quadro della legalità, ma con una pedagogia che insista specialmente sui bambini e sui ragazzi, figli degli immigrati, dal momento che sono più facilmente adattabili alle situazioni nelle quali vivono. Per loro è un bene potersi integrare con serenità nell'ambiente dove imparano ogni giorno a vivere. Non chiediamo, naturalmente, che rinuncino ai tratti civili e morali che li caratterizzano, purché siano rispettosi della cultura del paese ospitante. Chiediamo dunque, anzi esigiamo il rispetto delle leggi proprie del paese.

LA DOMANDA PIÙ SPECIFICAMENTE RELIGIOSA

Rimane la domanda più specificamente religiosa che è stata posta all'inizio del nostro incontro, la domanda sul mandato di Gesù: "Andate e predicate il Vangelo". Nel confronto che siamo tenuti ad avere con le altre religioni e culture, quanto c'è ancora della forza evangelizzatrice che avevano i primi cristiani?
La risposta va articolata. Vi sono, infatti, gli immigrati cristiani (circa la metà), in parte cattolici e in parte ortodossi, che stanno già portando un'iniezione di vitalità e di generosità nelle nostre parrocchie e nei loro luoghi di culto; basta partecipare ad alcune delle loro feste per rendersene conto.

La domanda sull'evangelizzazione non riguarda quindi lo straniero in genere, bensì i non cristiani, in maniera speciale l'Islam. E al riguardo rispondo ricordando anzitutto la parola di san Paolo: "Guai a me se non evangelizzo" (1 Cor 9,16). Il cristiano è sempre tenuto a testimoniare la sua fede ovunque e a chiunque, tenendo ovviamente conto della diversità delle situazioni e della molteplicità degli approcci. Bisogna per questo evangelizzare col Vangelo della carità, dell' accoglienza e anche col Vangelo della pazienza. È la prima testimonianza che rende presente il Dio che amiamo.
C'è poi l'evangelizzazione fatta col Vangelo della vita, vivendo l'onestà, la sincerità, la trasparenza nei rapporti di lavoro, l'accoglienza e la mutua fiducia.
Infine, il Vangelo della parola, che può essere particolarmente arduo da annunciare in certe circostanze. Sarà necessario cominciare togliendo i pregiudizi, chiarendo le idee sbagliate, crescendo nella conoscenza reciproca. Non dobbiamo però mai tralasciare di proporre la verità, in cui crediamo e che amiamo, nella maniera più adeguata alle singole situazioni, cioè nei tempi e nei modi opportuni.

CONCLUSIONE

Concludo riferendomi al racconto di Luca dei dieci lebbrosi guariti da Gesù, di cui soltanto uno, lo straniero, ritorna a ringraziarlo; e Gesù, stupito e amareggiato, domanda: "Non sono forse stati guariti tutti e dieci? Dove sono gli altri nove? Non si è trovato chi tornasse a rendere gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?" (17, 17-18). Noi ci troviamo più volte tra i nove che non sanno ringraziare, non sanno apprezzare il dono della fede perché lo ritengono quasi ovvio e scontato, e che hanno dunque perso qualcosa della forza evangelizzatrice dei primi cristiani. La presenza crescente di stranieri nel nostro paese è davvero un'occasione provvidenziale per noi di ritornare indietro da Gesù, di guardare alla nostra origine, al nostro battesimo, al dono della fede. Se ci lasceremo invadere dalla gratitudine per tanto dono e lo vedremo bello ed entusiasmante per noi stessi, sarà più facile farlo comprendere e trasmetterlo ad altri.

[1] SHALOM. Periodico della Comunità Betania di Parma. N. 4 – dicembre 2012
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 28 Mag - 8:59

Il Dio di ogni consolazione


CONSOLAZIONE

Quando il tuo cuore è triste e solitario,
E i tuoi amici sembrano lontani,
Volgi a Lui che è l’aiuto primario,
E ti guiderà su sentieri sani.

Quando un tuo caro sembra scordarti,
Quando una vera amicizia vorrai cercare,
In Lui sempre potrai confidarti,
E i tuoi sbagli vorrà aggiustare.

Il cuore di Dio è il tuo rifugio vero,
Su di Lui puoi sempre contare,
Anche se le speranze son poche davvero,
Un amico sincero potrai in Lui trovare.

Il tuo spirito assopito Egli scuoterà,
Ti amerà, ti benedirà e ti dirà,
“Vieni a me e consolarti sarà
La mia gioia oggi e ogni dì che verrà.”

Liberamente tradotta da un Autore Sconosciuto


2 Corinzi 1:3:
Benedetto sia Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre delle misericordie e il Dio di ogni consolazione.
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Messaggio  DomenicoPassante Gio 18 Gen - 9:35

Scusando per l'assenza per tutte le persone che seguivano a presto ritorno , un abbraccio fraterno in Dio a tutti. sunny flower
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 28 Gen - 8:26

Salmo 1



[1] Beato l'uomo che non segue il consiglio degli empi,
non indugia nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli stolti;

[2] ma si compiace della legge del Signore,
la sua legge medita giorno e notte.

[3] Sarà come albero piantato lungo corsi d'acqua,
che darà frutto a suo tempo
e le sue foglie non cadranno mai;
riusciranno tutte le sue opere.

[4] Non così, non così gli empi:
ma come pula che il vento disperde;

[5] perciò non reggeranno gli empi nel giudizio,
né i peccatori nell'assemblea dei giusti.

[6] Il Signore veglia sul cammino dei giusti,
ma la via degli empi andrà in rovina.
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 4 Feb - 8:36

Serena Domenica a tutti.
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 11 Feb - 19:38

Matteo 11,28-30
28 Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. 29 Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. 30 Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero».
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 18 Feb - 9:56

Matteo 6,19-24

19 Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; 20 accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano. 21 Perché là dov'è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore.
22 La lucerna del corpo è l'occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce; 23 ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!
24 Nessuno può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro, o preferirà l'uno e disprezzerà l'altro: non potete servire a Dio e a mammona.
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 25 Feb - 14:31

Matteo 6,1-4

1 Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli. 2 Quando dunque fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. 3 Quando invece tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, 4 perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 4 Mar - 10:48

Esodo 22:23
“Non affliggerete alcuna vedova, né alcun orfano. Se in qualche modo li affliggi, ed essi gridano a me, io udrò senza dubbio il loro grido;”

Deuteronomio 10:17-18
“poiché l’Eterno, il vostro Dio, è l’Iddio degli dei, il Signor dei signori, l’Iddio grande, forte e tremendo, che non ha riguardi personali e non accetta presenti, che fa giustizia all’orfano e alla vedova, che ama lo straniero e gli dà pane e vestito.”
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Messaggio  DomenicoPassante Mar 13 Mar - 18:57

Pazienza

Come possiamo accrescere la nostra pazienza? La pazienza dell’uomo si sviluppa attraverso le difficoltà. E’ scritto nella Bibbia, in Romani 5:3 (NR): “Non solo, ma ci gloriamo anche nelle afflizioni, sapendo che l’afflizione produce pazienza.” In Giacomo 1:3,4 ( TILC) è scritto: “Sapete infatti che se la vostra fede supera queste prove, voi diventerete forti. Anzi, tendete a una fermezza sempre maggiore, così che voi siate perfetti e completi, sotto ogni aspetto.”

La nostra pazienza dipende dalla qualità della relazione che abbiamo con Dio. E’ scritto nella Bibbia, in Apocalisse 14:12 (TILC): “Qui deve mostrarsi la costanza di quelli che appartengono l Signore, mettono in pratica i comandamenti di Dio e rimangono fedeli a Gesù.”

I cristiani sono pazienti l’uno con l’altro. E’ scritto nella Bibbia, in Efesini 4:2 (TILC): “Siate sempre umili, cordiali e pazienti: sopportatevi l’un l’altro con amore.”

Quelli che sanno aspettare ereditano ciò che gli è stato promesso. E’ scritto nella Bibbia, in Ebrei 6:12 (TILC): “Non dovete diventare pigri; al contrario, dovete seguire l’esempio di quelli che, con la fede e la perseveranza, diventano eredi di ciò che Dio ha promesso.”

Siate pazienti per il ritorno del Signore. E’ scritto nella Bibbia, in Giacomo 5:7,8 (NR): “Siate dunque pazienti, fratelli, fino alla venuta del Signore. Osservate come l’agricoltore aspetta il frutto prezioso della terra pazientando, finché esso abbia ricevuto la pioggia della prima e dell’ultima stagione. Siate pazienti anche voi; fortificate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina.”
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DomenicoPassante
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