Sellia- Un posto nel cuore
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PICCOLO MOMENTO DI FEDE SETTIMANALE

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Messaggio  DomenicoPassante Dom 21 Feb - 9:40

La famiglia e la Bibbia

La famiglia, una realtà presente in tutte le culture, fu istituita da Dio sin da principio. Egli dopo aver creato ogni cosa creò l'uomo e la donna, generando così la prima famiglia (Gen. 1:26-28). L'ingresso del peccato nel mondo, però, sconvolse la vita dell'uomo e della donna e le cose cambiarono anche per la famiglia, lacerata dal disordine e dalla divisione (Gen. 4:Cool.

Nel tempo l'inarrestabile dilagare della corruzione ha determinato uno sviluppo dell'istituzione familiare in direzione diametralmente opposta rispetto all'originario disegno divino, ma "da principio non era così" (Matt. 19:Cool. Per costruire la propria famiglia i credenti devono trarre insegnamento soltanto dalla Parola di Dio, che sebbene non sia un trattato di sociologia della famiglia contiene ammaestramenti fondamentali per la formazione di una famiglia nella volontà di Dio. Oggi è quanto mai necessario esortare le famiglie genuinamente cristiane a non seguire i principi mutevoli della società, a non conformarsi a questo mondo, ma a conoscere "la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà" (Rom. 12:2). Certo essa va contro le attuali tendenze, e per questo molti tralasciano l'insegnamento divino giustificandosi che la Bibbia è stata scritta per altri tempi, ma tra questi non vi sono i veri credenti.

Quando nasce una famiglia?

La famiglia, nel suo nucleo principale, è costituita da marito e moglie, e nasce quindi con il matrimonio:«Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e saranno una stessa carne" (Gen.2:24)

il distacco

Innanzi tutto, per creare un nuovo nucleo familiare occorre staccarsi dal vecchio, tagliare il cordone ombelicale: "L'uomo lascerà suo padre e sua madre...". Nel regno animale la «legge del distacco" è applicata naturalmente, senza problemi. mentre non è così per gli uomini. Spesso, infatti, l'incapacità dì staccarsi emotivamente e psicologicamente dalla famiglia d'origine è causa di problemi in una coppia, tali da portare anche alla separazione della coppia stessa. Con un gioco di parole si potrebbe affermare che per non separarsi "come coppia", occorre separarsi "dai genitori".

Ovviamente il distacco del quale si sta parlando è emotivo e psicologico, non la rottura di qualsiasi legame con la famiglia d'origine. La separazione non va intesa in termini geografici, sebbene in certi casi anche questa sia un'eventualità da prendere in considerazione. Lasciare i propri genitori significa soprattutto sostituire al rapporto genitori-figli il rapporto marito-moglie. Dopo il matrimonio, infatti, marito e moglie non sono più dipendenti dai genitori perché hanno la responsabilità di guidare e proteggere il nuovo nucleo familiare da loro formato. Questo non significa rifiutare qualsiasi consiglio o contatto con i genitori, ma avere una maggiore libertà di decisione e azione. I genitori, dunque, devono prestare attenzione e non imporre ai figli, una volta sposati, il proprio pensiero o modo di vivere.

Qualcuno potrebbe osservare: "Ma come si può conciliare quanto è stato detto con il comandamento che dice di onorare padre e madre"? In realtà non c'è incongruenza, perché più la nuova coppia riuscirà a trovare una sua identità e ad assumersi le proprie responsabilità, meglio onorerà i genitori. Non lo farà perché sente di dipendere ancora da loro, o addirittura per timore di non riceverne l'eredità (sic), ma come un atto d'amore deliberato e consapevole. La presenza di un genitore anziano in casa con il figlio sposato sarà meno problematica se la nuova coppia avrà saputo affermare la propria indipendenza. In una coppia unita e responsabile un genitore bisognoso potrà aggiungersi tranquillamente al nuovo nucleo familiare, giacché il pericolo che finisca per intromettersi nelle decisioni della coppia, creando inevitabili tensioni, è ridotto al minimo.

L'unione

Dopo il distacco c'è l'unione; «. . .e si unirà a sua moglie". È impossibile realizzare una solida unione senza aver realizzato un vero distacco. La nuova famiglia dovrà affrontare subito un capitolo importante, quello dell'integrazione dei loro "mondi". . Lasciare la famiglia d'origine significa costruire un nuovo nucleo familiare con abitudini e regole scelte dalla coppia e adatte alla nuova realtà. Per prevenire pericolose tensioni è bene che la coppia s'impegni, sin dall'inizio, a non cercare di conformare il matrimonio soltanto al proprio mondo di provenienza. Certo non si può, né si deve, evitare di attingere dal proprio mondo, ma è bene imparare a tener conto dell'altro, a confrontarsi con il coniuge e il suo mondo. Tuttavia, non è facile valutare in modo oggettivo il mondo dal quale si proviene, perché in molti casi si tende ad idealizzarlo, però è uno sforzo che sarà ampiamente ricompensato. Questa nuova unione deve essere resa pubblica. Ogni società, anche la più primitiva, ha una sua cerimonia nuziale, che varierà da società a società ma è sempre presente, ed è pubblica. Il matrimonio celebrato pubblicamente non è una mera tradizione ma ha una funzione sociale, quella di rendere nota alla società l'unione di un uomo e una donna che hanno deciso di formare una nuova famiglia. Gesù stesso non disdegnò di partecipare ad una cerimonia di nozze (Giov. 2:1-11). Purtroppo oggi la prassi di "convivere" senza matrimonio è sempre più diffusa. Secondo la Scrittura però essa non dà diritto a chiamare famiglia quel nucleo così formato. «L'Unione deve essere ratificata con un atto pubblico tramite il quale Dio, la società e, nel caso dei credenti, la chiesa, saranno portati a conoscenza del fatto che quell'uomo e quella donna hanno scelto di vivere insieme il resto della loro vita. A tal proposito è interessante leggere Mal. 2:14. La finalità del matrimonio è espressa con la frase.. e saranno una stessa carne". il vero fine del matrimonio è dunque la fusione indissolubile di due in uno. Dio intende questo legame in maniera talmente forte da usarlo come modello per esemplificare l'unione tra Cristo e la chiesa (Ef. 5:25-32).
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 28 Feb - 9:36

Salmi - Capitolo 49
Le ricchezze sono un nulla

[1]Al maestro del coro. Dei figli di Core. Salmo.

[2]Ascoltate, popoli tutti,
porgete orecchio abitanti del mondo,
[3]voi nobili e gente del popolo,
ricchi e poveri insieme.
[4]La mia bocca esprime sapienza,
il mio cuore medita saggezza;
[5]porgerò l'orecchio a un proverbio,
spiegherò il mio enigma sulla cetra.

[6]Perché temere nei giorni tristi,
quando mi circonda la malizia dei perversi?
[7]Essi confidano nella loro forza,
si vantano della loro grande ricchezza.

[8]Nessuno può riscattare se stesso,
o dare a Dio il suo prezzo.
[9]Per quanto si paghi il riscatto di una vita,
non potrà mai bastare
[10]per vivere senza fine,
e non vedere la tomba.
[11]Vedrà morire i sapienti;
lo stolto e l'insensato periranno insieme
e lasceranno ad altri le loro ricchezze.

[12]Il sepolcro sarà loro casa per sempre,
loro dimora per tutte le generazioni,
eppure hanno dato il loro nome alla terra.
[13]Ma l'uomo nella prosperità non comprende,
è come gli animali che periscono.

[14]Questa è la sorte di chi confida in se stesso,
l'avvenire di chi si compiace nelle sue parole.
[15]Come pecore sono avviati agli inferi,
sarà loro pastore la morte;
scenderanno a precipizio nel sepolcro,
svanirà ogni loro parvenza:
gli inferi saranno la loro dimora.

[16]Ma Dio potrà riscattarmi,
mi strapperà dalla mano della morte.
[17]Se vedi un uomo arricchirsi, non temere,
se aumenta la gloria della sua casa.
[18]Quando muore con sé non porta nulla,
né scende con lui la sua gloria.

[19]Nella sua vita si diceva fortunato:
«Ti loderanno, perché ti sei procurato del bene».
[20]Andrà con la generazione dei suoi padri
che non vedranno mai più la luce.

[21]L'uomo nella prosperità non comprende,
è come gli animali che periscono.
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 6 Mar - 8:56

Cos’è il perdono?

La risposta della Bibbia

Perdonare significa assolvere chi ci ha offeso. Nella Bibbia il termine greco tradotto “perdonare” significa letteralmente “lasciar andare”, per esempio quando una persona sceglie di non esigere il pagamento di un debito. Gesù si servì di questo paragone nell’insegnare ai suoi seguaci a pregare così: “Perdonaci i nostri peccati, poiché anche noi perdoniamo a chiunque sia in debito verso di noi” (Luca 11:4). Anche nella parabola dello schiavo spietato Gesù equiparò il perdonare al cancellare un debito (Matteo 18:23-35).

Perdoniamo gli altri quando non coviamo risentimento nei loro confronti e quando rinunciamo a rivendicare qualsiasi offesa o perdita che abbiamo subìto. La Bibbia insegna che alla base del vero perdono c’è l’amore altruistico, perché l’amore “non tiene conto del male” (1 Corinti 13:4, 5).

Come perdonare

Ricordate cosa comporta il perdono. Non state giustificando un’azione sbagliata e non state nemmeno fingendo che non sia mai successo nulla. Vi state solo lasciando alle spalle l’accaduto.

Riconoscete i benefìci del perdono. Rinunciare alla rabbia e al risentimento può aiutarvi a mantenere la calma, a restare in salute e a essere più felici (Proverbi 14:30; Matteo 5:9). Cosa ancora più importante, perdonare gli altri è la chiave per ricevere il perdono di Dio per i nostri peccati (Matteo 6:14, 15).

Siate comprensivi. Tutti siamo imperfetti (Giacomo 3:2). Noi siamo contenti quando qualcuno ci perdona, allo stesso modo dovremmo perdonare chi commette un errore nei nostri confronti (Matteo 7:12).

Siate ragionevoli. Quando si tratta di piccole offese possiamo applicare questo consiglio della Bibbia: “Continuate a sopportarvi gli uni gli altri” (Colossesi 3:13).

Agite prontamente. Cercate di perdonare il prima possibile invece di farvi consumare dalla rabbia (Efesini 4:26, 27).
PICCOLO MOMENTO DI FEDE SETTIMANALE - Pagina 22 Perdono11
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 13 Mar - 9:24



ASCOLTO

«Incapaci di ascoltare e di parlare»: così sono gli uomini secondo un frammento di Eraclito. li cristiano ha piena coscienza che la sua capacità di parlare al suo Dio, che egli non può vedere, dipende dall' ascoltarlo. La fede nasce dall'ascolto:fides ex auditu (Romani 10,17), e la preghiera è anzitutto ascolto, un ascolto di Dio attraverso quel sacramento della sua Parola che sono le Scritture, e un ascolto di Dio nella storia, nel quotidiano; un ascolto possibile quando la lunga frequentazione con l'Evangelo ha educato il discernimento del credente. Il cristiano trova infatti la fonte del suo vedere nell'ascoltare. Non stupisce pertanto che il cristianesimo sia anzitutto un' ascesi dell' ascolto, un' arte delt ascolto. li Nuovo Testamento chiede di prestare attenzione a chi si ascolta, a ciò che si ascolta, a come si ascolta. li che implica un continuo discernimento fra la Parola e le parole, una faticosa opera di riconoscimento della Parola di Dio nelle parole umane, della sua volontà negli eventi storici, e la disposizione globale di tutta la persona umana.
Nella vita spirituale si cresce a misura che si scende nelle profondità dell' ascolto. Ascoltare infatti significa non solo confessare la presenza dell' altro, ma accettare di far spazio in se stessi a tale presenza fino a. essere dimora dell' altro. L'esperienza dell'inabitazione della presenza divina in se stessi (le visite del Verbo di cui san Bernardo più volte si confessa beneficiario a seguito della sua lectio biblica) non è dissociabile dal divenire capaci di «dare ospitalità» agli altri grazie all' ascolto. Si comprende così che colui che ascolta, che definisce la sua identità in base al paradigma dell' ascolto, sia anche colui che ama: in radice è vero che l'amore nasce dall' ascolto, amor ex auditu. L'ascolto «di Dio», con tutte le dimensioni - di silenzio, di attenzione, di interiorizzazione, di sforzo spirituale per trattenere ciò che si è ascoltato, di decentramento da sé e ricentramento sull'Altro - che esso esige, diviene accoglienza, o meglio, svelamento in sé di una presenza intima a noi più ancora di quanto lo sia il nostro stesso «io». L'ascolto porta il credente a rifare l'esperienza di Giacobbe, quando il patriarca esclamò: «li Signore è qui e io non lo sapevo» (Genesi 28,16). Ma il luogo di Dio non è altro che la persona umana. Per la Bibbia, infatti, Dio non è «Colui che è», ma «Colui che parla», e parlando cerca relazione con l'uomo e suscita la sua libertà: infatti, se la Parola è un dono, essa può sempre essere accolta o rifiutata. Per questo la vita spirituale cristiana fa anche della lettura un' ascesi, un movimento di incontro con Colui che parla attraverso la pagina biblica.
La tradizione ebraica chiama Miqra' la Bibbia, con un termine che indica una «chiamata» a uscire «da» per andare «verso»: ogni atto di lettura della Bibbia, per un credente, è l'inizio di un esodo, di un cammino di uscita da sé per incontrare un Altro. Un esodo che avviene essenzialmente nell'ascolto! Non a caso le narrazioni bibliche dicono che il grande ostacolo al cammino di liberazione esodico del popolo d'Israele dall'Egitto fu la «durezza di cuore», la «dura cervice», cioè l'ostinazione a non ascoltare Dio per ascoltare solo se stessi. Ma è anche vero che l'esperienza biblica, e poi l'esperienza del credente, scopre che Dio è anche «Colui che ascolta la preghiera». L'ascolto dell'uomo porta a conoscere l'ascolto di Dio come dimensione in cui egli stesso è immerso, che lo precede e fonda. Dice Paolo: «In Lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (Atti 17,28). L'ascolto è l'atteggiamento contemplativo, antidolatrico per eccellenza. Grazie ad esso il cristiano cerca di vivere nella coscienza della presenza di Dio, dell' Altro che fonda il mistero irriducibile di ogni alterità. Il cristiano vive di ascolto.
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 20 Mar - 8:32

Riposate nel Signore


È facile distrarsi in questo mondo. Essere impegnati è una malattia moderna di cui molti di noi soffrono. Il riposo è il suo opposto ed è una delle cose che il Signore è venuto ad offrire. In Matteo 11:28-30 Egli ha detto:

Matteo 11:28-30
“Venite a me, voi tutti che siete travagliati e aggravati, ED IO VI DARÒ RIPOSO. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto ed umile di cuore; E VOI TROVERETE RIPOSO PER LE VOSTRE ANIME. Perché il mio giogo è dolce e il mio peso è leggero!”

Gesù Cristo è l’unico che può dare riposo alle nostre anime. Se la vostra anima è in fermento, se la vostra anima è stanca, esausta e dolente, allora state leggendo il passo giusto. GESÙ è venuto per darvi riposo! Non vi riposerete quando i vostri figli cresceranno. O quando vi sposerete. O quando il vostro conto bancario sarà positivo. AVRETE RIPOSO SOLTANTO SE INCONTRATE GESÙ. SOLTANTO SE METTETE I VOSTRI FARDELLI NELLE SUE MANI E PRENDETE SU DI VOI IL SUO GIOGO DOLCE E LEGGERO, SOLO ALLORA TROVERETE RIPOSO. Come dice la Parola in Filippesi:

Filippesi 4:6-7
“NON SIATE IN ANSIETÀ PER COSA ALCUNA, MA IN OGNI COSA LE VOSTRE RICHIESTE SIANO RESE NOTE A DIO MEDIANTE PREGHIERA E SUPPLICA, CON RINGRAZIAMENTO. E la pace di Dio, che sopravanza ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù.”

Non siate in ansietà per alcuna cosa !! SÌ, per alcuna cosa!!! I vostri figli, il vostro lavoro, la vostra salute, le vostre ferite, le vostre finanze, tutte le vostre preoccupazioni sono qui. Non c’è NIENTE che rimane escluso da questa affermazione. Non c’è niente che dovrebbe renderci ansiosi. E il verso prosegue per dirci cosa fare invece di essere ansiosi: “ma in ogni cosa le vostre richieste siano rese note a Dio mediante preghiera e supplica, con ringraziamento. E la pace di Dio, che sopravanza ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù”. PACE!!! Per ottenere la pace non dovete finire questo o quel progetto per ricevere le benedizioni, ma semplicemente non dovete essere in ansia per alcuna cosa e affidare tutto al Signore mediante preghiera e supplica, con ringraziamento! È SUO compito OCCUPARSI di voi, mentre riposate in Lui. E nel riposo in Lui avrete la forza! Vediamo cosa è scritto in Isaia 30:15-18:

Isaia 30:15
“Poiché così dice il Signore, l’Eterno, il Santo d’Israele: «NEL TORNARE A ME E NEL RIPOSARE IN ME SARETE SALVATI; NELLA CALMA E NELLA FIDUCIA SARÀ LA VOSTRA FORZA»”
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 27 Mar - 8:28

Felice e serena Pasqua in famiglia e nella società a tutti.
PICCOLO MOMENTO DI FEDE SETTIMANALE - Pagina 22 Resurrezione_01
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Messaggio  DomenicoPassante Lun 4 Apr - 10:02

Giudizio contro le nazioni
Gv 5:22-23, 26-29; Ap 20:11-15; 2Te 1:6-10; Ga 6:7-10
31 «Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti gli angeli, prenderà posto sul suo trono glorioso. 32 E tutte le genti saranno riunite davanti a lui ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri; 33 e metterà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. 34 Allora il re dirà a quelli della sua destra: "Venite, voi, i benedetti del Padre mio; ereditate il regno che v'è stato preparato fin dalla fondazione del mondo. 35 Perché ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui straniero e mi accoglieste; 36 fui nudo e mi vestiste; fui ammalato e mi visitaste; fui in prigione e veniste a trovarmi". 37 Allora i giusti gli risponderanno: "Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare? O assetato e ti abbiamo dato da bere? 38 Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto? O nudo e ti abbiamo vestito? 39 Quando mai ti abbiamo visto ammalato o in prigione e siamo venuti a trovarti?" 40 E il re risponderà loro: "In verità vi dico che in quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l'avete fatto a me". 41 Allora dirà anche a quelli della sua sinistra: "Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli! 42 Perché ebbi fame e non mi deste da mangiare; ebbi sete e non mi deste da bere; 43 fui straniero e non m'accoglieste; nudo e non mi vestiste; malato e in prigione, e non mi visitaste". 44 Allora anche questi gli risponderanno, dicendo: "Signore, quando ti abbiamo visto aver fame, o sete, o essere straniero, o nudo, o ammalato, o in prigione, e non ti abbiamo assistito?" 45 Allora risponderà loro: "In verità vi dico che in quanto non l'avete fatto a uno di questi minimi, non l'avete fatto neppure a me". 46 Questi se ne andranno a punizione eterna; ma i giusti a vita eterna».
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 24 Apr - 8:43

1 Tessalonicesi

Capitolo 5
La vigilanza nell'attesa della venuta del Signore
1 Riguardo poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva;
Dn 2,21
Mt 24,36.43
2 infatti voi ben sapete che come un ladro di notte, così verrà il giorno del Signore.
2 Pt 3,10
Ap 3,3
3 E quando si dirà: « Pace e sicurezza », allora d'improvviso li colpirà la rovina, come le doglie di una donna incinta; e nessuno scamperà.
Ger 6,14
Lc 21,34-35
Mt 24,8+
Ger 4,31+
4 Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, così che quel giorno possa sorprendervi come un ladro:
Ef 5,8+
5 voi tutti infatti siete figli della luce e figli del giorno; noi non siamo della notte, né delle tenebre.
Gv 8,12+
Rm 13,12-13
6 Non dormiamo dunque come gli altri, ma restiamo svegli e siamo sobri.
Mt 24,42+
7 Quelli che dormono, infatti, dormono di notte; e quelli che si ubriacano, sono ubriachi di notte.
1 Pt 1,13+
1 Ts 1,3
8 Noi invece, che siamo del giorno, dobbiamo essere sobri, rivestiti con la corazza della fede e della carità e avendo come elmo la speranza della salvezza.
9 Poiché Dio non ci ha destinati alla sua collera ma all'acquisto della salvezza per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo,
1 Ts 1,10+
10 il quale è morto per noi, perché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui.
1 Ts 4,14+
11 Perciò confortatevi a vicenda edificandovi gli uni gli altri, come già fate.
Ef 2,20+
Alcune esigenze della vita di comunità
12 Vi preghiamo poi, fratelli, di aver riguardo per quelli che faticano tra di voi, che vi sono preposti nel Signore e vi ammoniscono;
1 Cor 16,16
1 Tm 5,17
Eb 13,17
13 trattateli con molto rispetto e carità, a motivo del loro lavoro. Vivete in pace tra voi.
Tt 1,5+
Gal 6,6
14 Vi esortiamo, fratelli: correggete gli indisciplinati, confortate i pusillanimi, sostenete i deboli, siate pazienti con tutti.
2 Ts 3,6-12
Rm 14,1
15 Guardatevi dal rendere male per male ad alcuno; ma cercate sempre il bene tra voi e con tutti.
Es 21,25+
Mt 5,38s
16 State sempre lieti,
Rm 12,17
Gal 6,10
17 pregate incessantemente,
Col 3,12-13
18 in ogni cosa rendete grazie; questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.
Ef 5,20
19 Non spegnete lo Spirito,
1 Ts 4,3
1 Cor 12,1+
20 non disprezzate le profezie;
1 Cor 12,10+
21 esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono.
22 Astenetevi da ogni specie di male.
Gb 1,1.8
Gb 2,3
23 Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione, e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo.
2 Ts 3,16
Is 11,6+
1 Ts 3,13+
24 Colui che vi chiama è fedele e farà tutto questo!
2 Ts 3,3+
1 Cor 1,9+
25 Fratelli, pregate anche per noi.
2 Ts 3,1
Rm 15,30+
26 Salutate tutti i fratelli con il bacio santo.
2 Cor 13,12+
27 Vi scongiuro, per il Signore, che si legga questa lettera a tutti i fratelli.
Col 4,16
28 La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con voi.
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 1 Mag - 9:43

Silenzioso Dio

Io ti amo, silenzioso Dio
che ti nascondi dentro un po' di pane
come un bambino dentro la tua mamma
oggi tu entri nella vita mia.

Io ti adoro silenzioso Dio
che mi hai creato con immenso amore
e inviti l'uomo nella casa tua
alla tua mensa nell'intimità.
Pane di vita sei
Cristo Gesù per noi
e per l'eternità
la vita ci darai.
Pane di vita sei
Cristo Gesù per noi
e per l'eternità
la vita ci darai.

Tu sazi l'uomo con la vita tua
un infinito dentro le creature
e l'uomo sente e vede il volto vero
di un Dio che vive nell'umanità.
Pane di vita sei...
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 8 Mag - 9:37


Fiduciosi in ogni paura

Ogni giorno la paura ci può sorprendere o può salire dalle profondità del nostro inconscio. Siamo quindi posti dinanzi a un compito quotidiano: guardare in faccia la paura e al tempo stesso trasformarla, guardando a Gesù e trovando forza nella fiducia che ci trasmette la rassicurante parola di Dio.
Tante paure hanno la loro giustificazione. Oltre alle paure personali, c’è la paura per il futuro del mondo, la paura della guerra, del potere della criminalità organizzata, dell’invecchiamento della società, della crescente distruzione dell’ambiente … La paura ci indica pericoli reali e mobilita dentro di noi le forze necessarie per affrontarli e per lottare per il bene. Anche quando le paure ci paralizzano, alla fine abbiamo bisogno di credere che il bene è più forte del male, che il mondo è nelle mani di Dio malgrado le distruttive possibilità del potere umano. La paura può mobilitare delle forze, ma c’è bisogno della fiducia per orientarle nella giusta direzione. E abbiamo bisogno di fiducia e di speranza per non perdere ogni speranza in noi stessi e nell’umanità, per credere in un buon futuro, perché il futuro è nelle mani di Dio. E la speranza racchiude la paziente perseveranza finché Dio fa diventare realtà in noi le sue promesse.
Dio mi è vicino anche quando in me c’è buio, anche nella notte, anche quando le nubi sembrano oscurare la vista. Se lo ascoltiamo, se lo crediamo presente, nonostante tutto, allora la tenebra si trasformerà in luce e l’afflizione si cambierà in redenzione. Quando la paura e la tribolazione sembrano prevalere sulla fiducia, dobbiamo alzare gli occhi. Allora riconosceremo che Gesù ci viene incontro e ci promette salvezza. Quando arriva lui, c’è liberazione. Allora si sciolgono le catene della nostra paura e il nostro cuore si allarga, inondato di calore e di luce, ristorato dalla sorgente della fiducia.
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 15 Mag - 9:42

Lo Spirito Santo, Amore che porta all’Amore.
Quando l’anima, mossa dallo Spirito Santo, incanala tutta la sua esistenza secondo le esigenze dell’amore, quello che Dio le può chiedere non lo considera un insieme di rinunce, di oneri, di sacrifici, bensì un insieme di occasioni favorevoli per trovare Dio e unirsi maggiormente a Lui. La maturità del sentire cristiano la si raggiunge precisamente attraverso la vittoria dell’amore, che scaccia la paura, l’egoismo, o almeno la sfiducia.
Come in ogni cosa, però, nella vita spirituale non c’è vittoria senza lotta: una lotta che si protrarrà per tutto il corso dell’esistenza. In effetti, siamo attaccati a noi stessi e, con la nostra ristrettezza di vedute, tendiamo a considerare le cose raso terra, a lasciarci ingannare dalla soddisfazione di un momento o dall’affermazione del nostro io, invece di aprire il cuore alla grandezza dei piani amorevoli di Dio. In questo itinerario della nostra crescita spirituale, il Paraclito non cessa un solo istante dallo spronarci. L’unica cosa necessaria è che noi siamo docili alle sue ispirazioni.
Chi cerca di assecondare le mozioni dello Spirito Santo sperimenta l’efficacia del suo aiuto. Quello che sembrava impossibile, lo si raggiunge, e quello che sembrava duro diventa il punto partenza per una risposta generosa. Un inno liturgico invoca il Paraclito come «dolce ospite dell’anima, dolcissimo sollievo; nella fatica riposo, nella calura riparo, nel pianto conforto». Sì: lo Spirito divino ci consola nella sofferenza, ci toglie dai pericoli, ci incoraggia negli affanni, ci fortifica nella prova. Con il suo aiuto le difficoltà non sono più un angoscioso peso che schiaccia, ma diventano occasione di donazione; anzi, di incontro con Gesù. Così, ciò che costava fatica si trasfigura nella Croce di Cristo e lo sforzo si riempie di significato.
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 22 Mag - 8:24

La famiglia e la Bibbia

La famiglia, una realtà presente in tutte le culture, fu istituita da Dio sin da principio. Egli dopo aver creato ogni cosa creò l'uomo e la donna, generando così la prima famiglia (Gen. 1:26-28). L'ingresso del peccato nel mondo, però, sconvolse la vita dell'uomo e della donna e le cose cambiarono anche per la famiglia, lacerata dal disordine e dalla divisione (Gen. 4:Cool.

Nel tempo l'inarrestabile dilagare della corruzione ha determinato uno sviluppo dell'istituzione familiare in direzione diametralmente opposta rispetto all'originario disegno divino, ma "da principio non era così" (Matt. 19:Cool. Per costruire la propria famiglia i credenti devono trarre insegnamento soltanto dalla Parola di Dio, che sebbene non sia un trattato di sociologia della famiglia contiene ammaestramenti fondamentali per la formazione di una famiglia nella volontà di Dio. Oggi è quanto mai necessario esortare le famiglie genuinamente cristiane a non seguire i principi mutevoli della società, a non conformarsi a questo mondo, ma a conoscere "la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà" (Rom. 12:2). Certo essa va contro le attuali tendenze, e per questo molti tralasciano l'insegnamento divino giustificandosi che la Bibbia è stata scritta per altri tempi, ma tra questi non vi sono i veri credenti.

Quando nasce una famiglia?

La famiglia, nel suo nucleo principale, è costituita da marito e moglie, e nasce quindi con il matrimonio:«Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e saranno una stessa carne" (Gen.2:24)

il distacco

Innanzi tutto, per creare un nuovo nucleo familiare occorre staccarsi dal vecchio, tagliare il cordone ombelicale: "L'uomo lascerà suo padre e sua madre...". Nel regno animale la «legge del distacco" è applicata naturalmente, senza problemi. mentre non è così per gli uomini. Spesso, infatti, l'incapacità dì staccarsi emotivamente e psicologicamente dalla famiglia d'origine è causa di problemi in una coppia, tali da portare anche alla separazione della coppia stessa. Con un gioco di parole si potrebbe affermare che per non separarsi "come coppia", occorre separarsi "dai genitori".

Ovviamente il distacco del quale si sta parlando è emotivo e psicologico, non la rottura di qualsiasi legame con la famiglia d'origine. La separazione non va intesa in termini geografici, sebbene in certi casi anche questa sia un'eventualità da prendere in considerazione. Lasciare i propri genitori significa soprattutto sostituire al rapporto genitori-figli il rapporto marito-moglie. Dopo il matrimonio, infatti, marito e moglie non sono più dipendenti dai genitori perché hanno la responsabilità di guidare e proteggere il nuovo nucleo familiare da loro formato. Questo non significa rifiutare qualsiasi consiglio o contatto con i genitori, ma avere una maggiore libertà di decisione e azione. I genitori, dunque, devono prestare attenzione e non imporre ai figli, una volta sposati, il proprio pensiero o modo di vivere.
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 29 Mag - 8:59

E il settimo giorno si riposò,
riflessioni su “La vita buona”

Scritto da itlmilano on 8 febbraio 2013 in Primo Piano

Continua la collaborazione del cardinale Angelo Scola, con il «Messaggero di sant’Antonio». Ogni mese si rivolge ai lettori della rivista parlando di vita buona, riallacciandosi all’omonimo libro-intervista con il giornalista Aldo Cazzullo.

La Bibbia parla chiaro in tema di riposo: non ci si può riposare dimenticando Dio, né le proprie relazioni costitutive. E, soprattutto, senza aver fatto esperienza dell’essere stati perdonati.

di Angelo Scola

Quante volte nella Bibbia viene usato il termine riposo? Poco meno di 100! Incuriosito dall’insistenza con cui la Parola di Dio ritorna su questo vocabolo, sono andato a vedere (ormai, con l’aiuto di un buon motore di ricerca, è un gioco da ragazzi) e ho fatto delle scoperte interessanti. Anzitutto che il primo a riposarsi è Dio. Si può parlare di riposo dell’uomo perché si parla di riposo di Dio. Dio il settimo giorno si riposò dice l’inizio della Bibbia. Da qui deriva la legge del riposo per l’uomo: «non farai alcun lavoro… Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno» (Es 20, 10-11). L’uomo è a immagine di Dio, perciò è chiamato a vivere con lo stesso ritmo del suo Creatore. D’altra parte Dio, in quanto tale, non si stanca! Gesù, infatti, dice: Mio Padre è sempre all’opera (cfr. Gv 5,17).

In che senso, allora, il libro della Genesi parla di riposo? «Nel settimo giorno Dio portò a compimento il lavoro che aveva fatto» (Gen 2,2): il riposo segnala un compimento, una pienezza, non semplicemente la fine della fatica. Di questa pienezza può godere fino in fondo solo Colui che è il dominus, il Signore di tutta la realtà. Il riposo, vissuto in questa prospettiva, educa l’uomo a realizzare nel tempo il proprio compimento. Continuando a seguire le tracce della parola riposo nella Scrittura, ne è emersa un’altra valenza. Il riposo attesta l’avvenuta liberazione. «Ti darò riposo da tutti i tuoi nemici» (2Sam 7,11), «Colui che divise le acque davanti a loro… li guidava al riposo» (Is 63,12.14), «Non siete ancora giunti al luogo del riposo e del possesso che il Signore sta per darvi» (Dt 12,9). Opera della creazione e memoriale della liberazione si tengono così per mano.
Inoltre, come il dono della libertà così quello del riposo, che ad essa consegue, non si ferma al singolo, ma trabocca sull’intera comunità: «Non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bue, né il tuo asino, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te, perché il tuo schiavo e la tua schiava si riposino come te. Ricordati che sei stato schiavo nella terra d’Egitto e che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio teso» (Dt 5,14-15). Se, come abbiamo già avuto modo di notare, non si può dire fino in fondo io, se non dicendo io-in-relazione, il riposo riguarda tutte le relazioni costitutive della persona: con Dio, con gli altri e con se stessi. «Venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi e io vi darò riposo» (Mt 11,28). È Lui la fonte del riposo. La prima relazione da vivere, per riposare veramente, è quella con Dio, nel Figlio suo Gesù.

In questa brevissima inchiesta sul riposo nella Sacra Scrittura emergono alcune caratteristiche che possono costituire interessanti criteri di verifica circa il modo con cui un cristiano vive il riposo. Anzitutto, dimenticando Dio o eliminandolo dalla sua vita, l’uomo non può riposare veramente. Né dimenticando tutte le proprie relazioni costitutive. L’autentico riposo, infatti, nasce dal vivere la comunione. Congregavit nos in unum Christi amor (l’amore di Cristo ci ha riunito in una sola cosa, ndr) dice un antico canto gregoriano. Il vero riposo dunque congrega (passatemi il termine) non disgrega. C’è, infine, un legame molto stretto tra riposo e perdono. Un uomo non può trovare autentico riposo senza l’esperienza di essere perdonato. Non per nulla sant’Ambrogio, commentando Gen 2,2 fa questa riflessione: «Dio aveva creato il cielo ma io non leggo che si fosse riposato; aveva creato il
sole, la luna, le stelle, gli animali, gli alberi, ma non leggo che si fosse riposato. Leggo invece che Dio, creato l’uomo, si riposò, perché c’era finalmente qualcuno al quale potesse perdonare». C’è molto da riflettere, mi pare. Che ne dite?
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 19 Giu - 7:36

whois2016
Chi è Dio? Qual’ è il suo aspetto? 6 qualità personali di Dio…

Chi è Dio… Possiamo conoscerlo.

Noi possiamo conoscere Dio, che ha dato origine all’universo in tutta la sua grandezza e alle meraviglie della sua creazione. Egli ci parla di se stesso, ma va anche oltre sé stesso. Ci accoglie in una relazione con Lui, cosicché possiamo conoscerlo personalmente, intimamente, anziché accontentarci di avere solo una mera conoscenza “di” Lui.

«Non si vanti il saggio della sua saggezza
e non si vanti il forte della sua forza,
non si vanti il ricco delle sue ricchezze.
Ma chi vuol gloriarsi si vanti di questo,
di avere senno e di conoscere me,
perché io sono il Signore che agisce con misericordia,
con diritto e con giustizia sulla terra;
di queste cose mi compiaccio».
Parola del Signore.
(Geremia 9, 22-24)

Chi è Dio… Possiamo accostarci a Lui.

Dio ci invita a parlare con Lui e a farlo partecipare della nostra vita.Per farlo non occorre prima essere prima preparati, né occorre essere particolarmente istruiti o corretti teologicamente oppure, ancor di più, essere santi. Per sua natura Egli ci ama e ci accetta dalmomento in cui andiamo verso di Lui, così come siamo.

“Il Signore è vicino a quanti lo invocano,
a quanti lo cercano con cuore sincero.”
(Salmi 144:18)

Chi è Dio… Egli è il Creatore.

Ogni cosa che noi uomini facciamo ha origine da materia esistente, oppure basata su pensieri già fatti. Dio invece ha la capacità di generare la vita dalla materia, non solo sotto forma di galassie o esseri viventi, ma anche attraverso soluzioni ai problemi quotidiani. Dio è creatore e vuole che noi ne siamo consapevoli, e che riponiamo fiducia in Lui.

“Grande è il Signore, onnipotente,
la sua sapienza non ha confini.”
(Salmi 146:5)

“Da dove mi verrà l’aiuto?
Il mio aiuto viene dal Signore,
che ha fatto cielo e terra.”
(Salmi 120:1-2)

Chi è Dio… Egli è Perdono.

Noi pecchiamo. Tendiamo a compiere delle azioni che seguono una via nostra piuttosto che la via del Signore. Egli lo vede e ne è a conoscenza. Dio non si limita solamente a controllare i nostri peccati, ma è anche pronto a giudicare e a condannare le persone a causa dei loro peccati. Tuttavia, Dio ci perdona dal momento in cui iniziamo ad avere una relazione con Lui. Gesù, suo figlio, con la morte sulla croce, ha già pagato per i nostri peccati, è risorto dalla morte e ci offre il perdono.

Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati semplicemente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù. Dio lo ha prestabilito come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue.
(Romani 3:22-25)

Chi è Dio… Egli è Onestà.

Proprio come una persona che ci permette di conoscere e condividere i suoi sentimenti ed i suoi pensieri, Dio ci parla di sé stesso, dei diversi possibili modi di vivere, ed è sempre onesto. Ogni cosa detta su di Lui, oppure su di noi, è un’informazione attendibile. Più genuino dei nostri sentimenti, pensieri e sensazioni, Dio è del tutto preciso ed onesto, in ogni cosa che afferma. E’ suo intento che noi possiamo contare ciecamente su ogni sua promessa rivolta a noi. Possiamo prenderlo in parola.

“La tua parola nel rivelarsi illumina,
dona saggezza ai semplici.
Lampada per i miei passi è la tua parola,
luce sul mio cammino.”
(Salmi 118: 130-105)

Chi è Dio…Egli è abile.

Desiderereste essere sempre perfetti al 100% in ogni cosa? Dio lo è. La sua saggezza non ha limiti. Capisce tutti gli elementi di una situazione, il trascorso e gli eventi futuri ad essa collegati. Non serve aggiornarlo, consigliarlo ne tantomeno persuaderlo a fare la cosa giusta: la farà! perché la sua abilità e le sue ragioni sono pure. Se noi crediamo in Lui, egli non commetterà mai errori nei nostri confronti, non ci tradirà e non ci deluderà mai. Possiamo veramente credere che tutte le sue azioni siano giuste, in ogni circostanza, in ogni tempo.

“Chiunque spera in te non resti deluso”
(Salmi 24:3)
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 26 Giu - 9:22

La speranza nella Bibbia
sintesi della relazione di Giuseppe Barbaglio
Verbania Pallanza, 28 febbraio-1 marzo 1981

Nella relazione ci si sofferma su quattro filoni: 1) sulla fede di Abramo che è speranza; 2) sulla speranza come pianticella esile, ma anche rigogliosa, che cresce lungo i fiumi di Babilonia: l'esperienza dell'esilio per il popolo di Israele; 3) sulla speranza in alcuni testi di Paolo; 4) la speranza di Gesù.
1. la fede di Abramo che è speranza

Il capitolo 15 della Genesi contiene la riflessione del redattore sulla vicenda di Abramo quale fu rivissuta da Israele in tempi molto lontani dall'esistenza di Abramo stesso.
"Abramo credette e gli fu computato a giustizia".
Nella tradizione biblica, credere significa stare appoggiato. Abramo credette: stette saldamente appoggiato alla Parola di Dio, visse ancorato alla promessa di Dio. La promessa di Dio è promessa di una terra e promessa di una numerosa discendenza. Ma la promessa di una terra è contraddittoria, perché i possessori di questa terra sono altri (i Cananei); anche la promessa di una numerosa discendenza è contraddittoria, perché Abramo non ha discendenti. E' una promessa in un contesto di deserto di vita. La promessa di Dio si pone perciò in termini alternativi alla storia, alle condizioni obiettive.
Abramo credette, superò la contraddizione tra promessa e realtà attuale e si ancorò alla promessa. La sua fede gli permise di occupare la giusta collocazione nei confronti di Dio. L'appoggiarsi di Abramo alla promessa di Dio (alternativa, contraddittoria rispetto alla situazione attuale) è la speranza.
Scrive Paolo nella lettera ai Romani (4,18): "Egli ebbe fede sperando contro ogni speranza". Credette in un Dio "che rende vita ai morti e chiama all'essere le cose che ancora non sono" (versetto 17). La riflessione di Paolo è in chiave cristologica, perché Paolo ha presente la resurrezione di Cristo. Come Dio resuscitò dalla sterilità di Sara e dall'anzianità di Abramo il figlio Isacco, così Dio resuscitò da morte suo figlio Gesù. Dice Paolo: come ad Abramo fu computato a giustizia, così anche per noi. Abramo è il prototipo di colui che crede contro ogni speranza umana.
Alcune riflessioni:

- Questa speranza è speranza in un Dio che resuscita e che chiama all'essere ciò che non esiste; è speranza contro ogni speranza umana. La speranza di Abramo (che rappresenta il tipo di ogni credente) non va confusa con il facile ottimismo. Non è un ottimismo che si basa sull'evoluzione positiva delle situazioni, ma è una speranza che si coniuga in termini di sfida alla situazione attuale. È una speranza nonostante. Questo deve far riflettere noi, che siamo i figli delle speranze facili, ottimistiche, a basso prezzo (quali le speranze del '68: sembrava che i cambiamenti fossero dietro l'angolo). La speranza di Abramo (e perciò dei credenti) è ad altissimo prezzo.
- La speranza di Abramo è speranza in possibilità prodigiose, le quali sono promesse di vita, di resurrezione (in senso molto vasto). Prendiamo i discorsi sui miracoli della Bibbia: non vanno interpretati secondo la nostra sensibilità positivista. Il metro della realtà è il metro del prodigio, del miracolo, della possibilità di vita dove regna la morte, della resurrezione nella nostra storia nonostante tutto. La speranza è sotto il segno della contraddizione, si lega al prodigio, che è promessa.
- La promessa di Dio (promessa di vita dove c'è morte, di resurrezione, promessa di una terra ad Abramo mentre ci sono altri possessori, di una discendenza dove non ci sono figli), che sfida lo status quo, non va interpretata in chiave trascendentalistica; al contrario, essa è incarnata nella promessa umana, si colloca in un orizzonte in cui giocano le promesse umane. La promessa di Dio, il dono di Dio, lo Spirito di Dio non sono una realtà che ci coglie direttamente: sono mediati (a cominciare da Cristo, che è il solo mediatore). Troviamo la promessa di Dio nelle promesse che ci scambiamo. Essa è lo sfondo della promessa di vita e resurrezione tra noi, la profondità escatologica finale delle promesse tra noi. Le promesse che ci scambiamo sono vere nella misura in cui riflettono la logica della promessa di Dio, che è promessa di vita dove c'è morte, di resurrezione dove c'è cimitero.
- La speranza è affidarsi alla promessa, è appoggiarsi. Ma questo affidarsi alla promessa di Dio, questa fiducia, non vanno interpretate in termini di pigrizia storica. Abramo non si è affidato alla promessa di Dio in termini contemplativi: si è mosso, ha agito, è venuto nella terra che era sua per promessa, ma dei Cananei per titolo storico, giuridico. Affidarsi alla promessa significa uscire dalla situazione, dal passato e dal presente, che possediamo, e camminare verso. E' un processo di sradicamento. Abramo è stato sradicato dalla sua situazione di possesso ("Esci dalla tua terra, dalla tua famiglia, dalla tua parentela") per un nuovo radicamento: nella terra promessa.
- La speranza di Abramo è speranza di nomade, di chi perde ciò che possiede. Abramo, ancorandosi alla promessa di Dio, ha abbandonato quello che possedeva. Venendo in Canaan, non ha ancora quello che avrà. La speranza di Abramo è la speranza dei poveri, di quelli senza alcun titolo di possesso, perché sono usciti dalla sicurezza, dal possesso, e non hanno ancora quello che è stato promesso. Possiedono solo la parola promissoria di Dio. In base ad essa si sono mossi, camminano. Il camminare, il muoversi ha valore simbolico. Nella lettera agli Ebrei (cap. 13, versetto 14) si parla dei credenti come di coloro che non hanno qui la loro città, stabile, ma sono in cerca di quella futura. Abramo è in cerca della terra futura.
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 10 Lug - 10:05

LA VITA IN CRISTO

SEZIONE PRIMA
LA VOCAZIONE DELL'UOMO:
LA VITA NELLO SPIRITO

CAPITOLO PRIMO
LA DIGNITÀ DELLA PERSONA UMANA

ARTICOLO 7
LE VIRTU'

1803 « Tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri » (Fil 4,Cool.

La virtù è una disposizione abituale e ferma a fare il bene. Essa consente alla persona, non soltanto di compiere atti buoni, ma di dare il meglio di sé. Con tutte le proprie energie sensibili e spirituali la persona virtuosa tende verso il bene; lo ricerca e lo sceglie in azioni concrete:

« Il fine di una vita virtuosa consiste nel divenire simili a Dio ».81

I. Le virtù umane

1804 Le virtù umane sono attitudini ferme, disposizioni stabili, perfezioni abituali dell'intelligenza e della volontà che regolano i nostri atti, ordinano le nostre passioni e guidano la nostra condotta secondo la ragione e la fede. Esse procurano facilità, padronanza di sé e gioia per condurre una vita moralmente buona. L'uomo virtuoso è colui che liberamente pratica il bene.

Le virtù morali vengono acquisite umanamente. Sono i frutti e i germi di atti moralmente buoni; dispongono tutte le potenzialità dell'essere umano ad entrare in comunione con l'amore divino.
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 17 Lug - 9:26

Distinzione delle virtù cardinali

1805 Quattro virtù hanno funzione di « cardine ». Per questo sono dette « cardinali »; tutte le altre si raggruppano attorno ad esse. Sono: la prudenza, la giustizia, la fortezza e la temperanza. « Se uno ama la giustizia, le virtù sono il frutto delle sue fatiche. Essa insegna infatti la temperanza e la prudenza, la giustizia e la fortezza » (Sap 8,7). Sotto altri nomi, queste virtù sono lodate in molti passi della Scrittura.

1806 La prudenza è la virtù che dispone la ragione pratica a discernere in ogni circostanza il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati per compierlo. L'uomo « accorto controlla i suoi passi » (Prv 14,15). « Siate moderati e sobri per dedicarvi alla preghiera » (1 Pt 4,7). La prudenza è la « retta norma dell'azione », scrive san Tommaso82 sulla scia di Aristotele. Essa non si confonde con la timidezza o la paura, né con la doppiezza o la dissimulazione. È detta « auriga virtutum – cocchiere delle virtù »: essa dirige le altre virtù indicando loro regola e misura. È la prudenza che guida immediatamente il giudizio di coscienza. L'uomo prudente decide e ordina la propria condotta seguendo questo giudizio. Grazie alla virtù della prudenza applichiamo i principi morali ai casi particolari senza sbagliare e superiamo i dubbi sul bene da compiere e sul male da evitare.
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 24 Lug - 8:54

1807 La giustizia è la virtù morale che consiste nella costante e ferma volontà di dare a Dio e al prossimo ciò che è loro dovuto. La giustizia verso Dio è chiamata « virtù di religione ». La giustizia verso gli uomini dispone a rispettare i diritti di ciascuno e a stabilire nelle relazioni umane l'armonia che promuove l'equità nei confronti delle persone e del bene comune. L'uomo giusto, di cui spesso si fa parola nei Libri Sacri, si distingue per l'abituale dirittura dei propri pensieri e per la rettitudine della propria condotta verso il prossimo. « Non tratterai con parzialità il povero, né userai preferenze verso il potente; ma giudicherai il tuo prossimo con giustizia » (Lv 19,15). « Voi, padroni, date ai vostri servi ciò che è giusto ed equo, sapendo che anche voi avete un padrone in cielo » (Col 4,1). sunny flower
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 31 Lug - 8:47

808 La fortezza è la virtù morale che, nelle difficoltà, assicura la fermezza e la costanza nella ricerca del bene. Essa rafforza la decisione di resistere alle tentazioni e di superare gli ostacoli nella vita morale. La virtù della fortezza rende capaci di vincere la paura, perfino della morte, e di affrontare la prova e le persecuzioni. Dà il coraggio di giungere fino alla rinuncia e al sacrificio della propria vita per difendere una giusta causa. « Mia forza e mio canto è il Signore » (Sal 118,14). « Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo » (Gv 16,33).
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 7 Ago - 8:18

809 La temperanza è la virtù morale che modera l'attrattiva dei piaceri e rende capaci di equilibrio nell'uso dei beni creati. Essa assicura il dominio della volontà sugli istinti e mantiene i desideri entro i limiti dell'onestà. La persona temperante orienta al bene i propri appetiti sensibili, conserva una sana discrezione, e non segue il proprio istinto e la propria forza assecondando i desideri del proprio cuore.83 La temperanza è spesso lodata nell'Antico Testamento: « Non seguire le passioni; poni un freno ai tuoi desideri » (Sir 18,30). Nel Nuovo Testamento è chiamata « moderazione » o « sobrietà ». Noi dobbiamo « vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo » (Tt 2,12).

« Vivere bene altro non è che amare Dio con tutto il proprio cuore, con tutta la propria anima, e con tutto il proprio agire. Gli si dà (con la temperanza) un amore totale che nessuna sventura può far vacillare (e questo mette in evidenza la fortezza), un amore che obbedisce a lui solo (e questa è la giustizia), che vigila al fine di discernere ogni cosa, nel timore di lasciarsi sorprendere dall'astuzia e dalla menzogna (e questa è la prudenza) ».84
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 28 Ago - 9:15

Le virtù e la grazia

1810 Le virtù umane acquisite mediante l'educazione, mediante atti deliberati e una perseveranza sempre rinnovata nello sforzo, sono purificate ed elevate dalla grazia divina. Con l'aiuto di Dio forgiano il carattere e rendono spontanea la pratica del bene. L'uomo virtuoso è felice di praticare le virtù.

1811 Per l'uomo ferito dal peccato non è facile conservare l'equilibrio morale. Il dono della salvezza fattoci da Cristo ci dà la grazia necessaria per perseverare nella ricerca delle virtù. Ciascuno deve sempre implorare questa grazia di luce e di forza, ricorrere ai sacramenti, cooperare con lo Spirito Santo, seguire i suoi inviti ad amare il bene e a stare lontano dal male
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 11 Set - 8:44

II. Le virtù teologali

1812 Le virtù umane si radicano nelle virtù teologali, le quali rendono le facoltà dell'uomo idonee alla partecipazione alla natura divina.85 Le virtù teologali, infatti, si riferiscono direttamente a Dio. Esse dispongono i cristiani a vivere in relazione con la Santissima Trinità. Hanno come origine, causa ed oggetto Dio Uno e Trino.

1813 Le virtù teologali fondano, animano e caratterizzano l'agire morale del cristiano. Esse informano e vivificano tutte le virtù morali. Sono infuse da Dio nell'anima dei fedeli per renderli capaci di agire quali suoi figli e meritare la vita eterna. Sono il pegno della presenza e dell'azione dello Spirito Santo nelle facoltà dell'essere umano. Tre sono le virtù teologali: la fede, la speranza e la carità.86
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 18 Set - 7:29

La fede

1814 La fede è la virtù teologale per la quale noi crediamo in Dio e a tutto ciò che egli ci ha detto e rivelato, e che la Chiesa ci propone da credere, perché egli è la stessa verità. Con la fede « l'uomo si abbandona tutto a Dio liberamente ».87 Per questo il credente cerca di conoscere e di fare la volontà di Dio. « Il giusto vivrà mediante la fede » (Rm 1,17). La fede viva « opera per mezzo della carità » (Gal 5,6).

1815 Il dono della fede rimane in colui che non ha peccato contro di essa.88 Ma « la fede senza le opere è morta » (Gc 2,26). Se non si accompagna alla speranza e all'amore, la fede non unisce pienamente il fedele a Cristo e non ne fa un membro vivo del suo corpo.

1816 Il discepolo di Cristo non deve soltanto custodire la fede e vivere di essa, ma anche professarla, darne testimonianza con franchezza e diffonderla: « Devono tutti essere pronti a confessare Cristo davanti agli uomini, e a seguirlo sulla via della croce attraverso le persecuzioni, che non mancano mai alla Chiesa ».89 Il servizio e la testimonianza della fede sono indispensabili per la salvezza: « Chi [...] mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 25 Set - 9:37

La speranza

1817 La speranza è la virtù teologale per la quale desideriamo il regno dei cieli e la vita eterna come nostra felicità, riponendo la nostra fiducia nelle promesse di Cristo e appoggiandoci non sulle nostre forze, ma sull'aiuto della grazia dello Spirito Santo. « Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è fedele colui che ha promesso » (Eb 10,23). Lo Spirito è stato « effuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, Salvatore nostro, perché, giustificati dalla sua grazia, diventassimo eredi, secondo la speranza, della vita eterna » (Tt 3,6-7).

1818 La virtù della speranza risponde all'aspirazione alla felicità, che Dio ha posto nel cuore di ogni uomo; essa assume le attese che ispirano le attività degli uomini; le purifica per ordinarle al regno dei cieli; salvaguarda dallo scoraggiamento; sostiene in tutti i momenti di abbandono; dilata il cuore nell'attesa della beatitudine eterna. Lo slancio della speranza preserva dall'egoismo e conduce alla gioia della carità.

1819 La speranza cristiana riprende e porta a pienezza la speranza del popolo eletto, la quale trova la propria origine ed il proprio modello nella speranza di Abramo, colmato in Isacco delle promesse di Dio e purificato dalla prova del sacrificio.90 « Egli ebbe fede sperando contro ogni speranza e così divenne padre di molti popoli » (Rm 4,18).

1820 La speranza cristiana si sviluppa, fin dagli inizi della predicazione di Gesù, nell'annuncio delle beatitudini. Le beatitudini elevano la nostra speranza verso il cielo come verso la nuova Terra promessa; ne tracciano il cammino attraverso le prove che attendono i discepoli di Gesù. Ma per i meriti di Gesù Cristo e della sua passione, Dio ci custodisce nella speranza che « non delude » (Rm 5,5). La speranza è l'« àncora della nostra vita, sicura e salda, la quale penetra [...] » là « dove Gesù è entrato per noi come precursore » (Eb 6,19-20). È altresì un'arma che ci protegge nel combattimento della salvezza: « Dobbiamo essere [...] rivestiti con la corazza della fede e della carità, avendo come elmo la speranza della salvezza » (1 Ts 5,Cool. Essa ci procura la gioia anche nella prova: « Lieti nella speranza, forti nella tribolazione » (Rm 12,12). Si esprime e si alimenta nella preghiera, in modo particolarissimo nella preghiera del Signore, sintesi di tutto ciò che la speranza ci fa desiderare.

1821 Noi possiamo, dunque, sperare la gloria del cielo promessa da Dio a coloro che lo amano91 e fanno la sua volontà.92 In ogni circostanza ognuno deve sperare, con la grazia di Dio, di perseverare sino alla fine93 e ottenere la gioia del cielo, quale eterna ricompensa di Dio per le buone opere compiute con la grazia di Cristo. Nella speranza la Chiesa prega che « tutti gli uomini siano salvati » (1 Tm 2,4). Essa anela ad essere unita a Cristo, suo Sposo, nella gloria del cielo:

« Spera, anima mia, spera. Tu non conosci il giorno né l'ora. Veglia premurosamente, tutto passa in un soffio, sebbene la tua impazienza possa rendere incerto ciò che è certo, e lungo un tempo molto breve. Pensa che quanto più lotterai, tanto più proverai l'amore che hai per il tuo Dio e tanto più un giorno godrai con il tuo Diletto, in una felicità ed in un'estasi che mai potranno aver fin
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Messaggio  DomenicoPassante Dom 2 Ott - 9:05

La carità

1822 La carità è la virtù teologale per la quale amiamo Dio sopra ogni cosa per se stesso, e il nostro prossimo come noi stessi per amore di Dio.

1823 Gesù fa della carità il comandamento nuovo.95 Amando i suoi « sino alla fine » (Gv 13,1), egli manifesta l'amore che riceve dal Padre. Amandosi gli uni gli altri, i discepoli imitano l'amore di Gesù, che essi ricevono a loro volta. Per questo Gesù dice: « Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore » (Gv 15,9). E ancora: « Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati » (Gv 15,12).

1824 La carità, frutto dello Spirito e pienezza della Legge, osserva i comandamenti di Dio e del suo Cristo: « Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore » (Gv 15,9-10).96

1825 Cristo è morto per amore verso di noi, quando eravamo ancora « nemici » (Rm 5,10). Il Signore ci chiede di amare come lui, perfino i nostri nemici,97 di farci prossimo del più lontano,98 di amare i bambini99 e i poveri come lui stesso. 100

L'Apostolo san Paolo ha dato un ineguagliabile quadro della carità: « La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta » (1 Cor 13,4-7).

1826 Se non avessi la carità, dice ancora l'Apostolo, « non sono nulla ». E tutto ciò che è privilegio, servizio, perfino virtù... senza la carità, « niente mi giova ». 101 La carità è superiore a tutte le virtù. È la prima delle virtù teologali: « Queste le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità » (1 Cor 13,13).

1827 L'esercizio di tutte le virtù è animato e ispirato dalla carità. Questa è il « vincolo di perfezione » (Col 3,14); è la forma delle virtù; le articola e le ordina tra loro; è sorgente e termine della loro pratica cristiana. La carità garantisce e purifica la nostra capacità umana di amare. La eleva alla perfezione soprannaturale dell'amore divino.

1828 La pratica della vita morale animata dalla carità dà al cristiano la libertà spirituale dei figli di Dio. Egli non sta davanti a Dio come uno schiavo, nel timore servile, né come il mercenario in cerca del salario, ma come un figlio che corrisponde all'amore di colui che « ci ha amati per primo » (1 Gv 4,19):

« O ci allontaniamo dal male per timore del castigo e siamo nella disposizione dello schiavo. O ci lasciamo prendere dall'attrattiva della ricompensa e siamo simili ai mercenari. Oppure è per il bene in se stesso e per l'amore di colui che comanda che noi obbediamo [...] e allora siamo nella disposizione dei figli ». 102

1829 La carità ha come frutti la gioia, la pace e la misericordia; esige la generosità e la correzione fraterna; è benevolenza; suscita la reciprocità, si dimostra sempre disinteressata e benefica; è amicizia e comunione:

« Il compimento di tutte le nostre opere è l'amore. Qui è il nostro fine; per questo noi corriamo, verso questa meta corriamo; quando saremo giunti, vi troveremo riposo ». 103

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